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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Brescia, "cappio" al collo degli imprenditori: arrestati due usurai

L'operazione "Cappio sciolto" ha portato all'arresto di due usurai calabresi. Nel loro mirino imprenditori bresciani e vicentini. Uno ha rischiato di essere ucciso per non aver pagato i debiti

Il 5 febbraio scorso, l'indagine "Cappio sciolto", condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Mobile di Brescia e dalla DIA di Milano, ha portato all'arresto di  Giuseppe I. (classe 1966) e Antonio L. (classe 1968), imprenditori di origine calabrese residenti a Manerba e a Erbusco, accusati di usura nei confronti di alcuni imprenditori bresciani e vicentini.

L’indagine, coordinata dal Pubblico Ministero Alberto Rossi presso la Direzione Distrettuale Antimafia, ha avuto inizio dalla richiesta di aiuto della moglie di un imprenditore. La donna riferiva alla polizia di essersi accorta di quanto stava avvenendo, a seguito di un incidente stradale nel quale era rimasto coinvolto il marito, riportando lesioni gravissime.

Nella denuncia raccontava che l'uomo, socio in uno studio di progettazione con sede nella zona del lago, trovatosi in difficoltà a causa della crisi economica e non riuscendo ad ottenere finanziamenti dagli Istituti di credito, si era rivolto ad un imprenditore calabrese conosciuto per motivi di lavoro, dal quale si era fatto prestare somme di denaro con interessi mensili pari al  50%.
 
A fronte del prestito di 50.000 euro,
nel giro di pochi mesi (da luglio a novembre dello scorso anno) ne aveva restituiti più del doppio solo come interessi, 107.000 euro, senza però riuscire ad estinguere il debito.   

In seguito, il marito confermò agli agenti il meccanismo alla base del finanziamento. Ovvero, a fronte del prestito di denaro era stato costretto a rilasciare un assegno bancario a garanzia del capitale erogato, più un secondo assegno a garanzia degli interessi, di importo pari al 50% del prestito ottenuto.

Alla scadenza, ossia dopo 30 giorni, qualora non fosse riuscito a restituire il prestito, l’accordo prevedeva il pagamento degli interessi, e quindi il rilascio di un altro assegno per i nuovi interessi, mentre il primo rimaneva sempre nelle mani dell’usuario, che poteva incassarlo in qualunque momento, con effetti nefasti per l’attività economica dell’imprenditore.

Le indagini hanno consentito in seguito di individuare altri imprenditori, due dei quali con attività economiche in provincia di Vicenza, a cui erano stati concessi prestiti con le medesime modalità.

La complessa attività investigativa, supportata anche da accertamenti bancari, ha permesso di far emergere i ruoli di altri soggetti calabresi che, per conto degli arrestati, partecipavano alle attività di intimidazione nei confronti degli imprenditori. Tuttavia, il Gip non ha ritenuto esserci esigenze cautelari per procedere all'arresto anche nei loro confronti.

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