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Cronaca Desenzano del Garda

Brai&Bei verso l’Uzbekistan: l’ultimo saluto alla terra di Zoroastro

Ultime notti in Turkmenistan, prima a Mary e poi a Turkmenabat: palazzi maestosi, da vera dittatura, purtroppo senza acqua calda. Amicizie coi doganieri, una bevuta di troppo. E il solito bambino, con la maglietta del Milan

Le ultime notti in Turkmenistan, e i pezzi del regime che si vedono fin dai vialoni, dai palazzi maestosi. Ma sono ospitali, curiosi, anche se in albergo manca sempre l’acqua calda, ed è vivamente sconsigliato attraversare una frontiera dopo aver assaggiato un po’ troppa vodka. Turkmenabat, la conferma di quanto si sia dovuto impegnare Zoroastro, per una mole di lavoro che avrebbe spaventato qualunque altro Dio. Niente male, sotto il caldo dell’Asia vicina ma lontana, e la Peggy che ha bisogno di una revisione, e i doganieri che se la ridono, sotto i baffi o meno. Ora è tempo di Uzbekistan.

La notte a Mary trascorre indolore, la stanchezza ci sopraffa senza darci nemmeno la possibilità di renderci conto dello sbalzo di realtà che ci circonda. Causa visto non possiamo entrare in Uzbekistan prima del 29, il che significa che siamo obbligati a trascorrere un'altra notte in questo limbo di anacronistici totalitarismi. Partiamo cosi alla volta di Turkmenabat, a pochi chilometri dal confine. La strada migliora sensibilmente, ma gli incessanti avvallamenti sfiniscono le nostre cinghie liberando  una ruota dal tettuccio e lasciandola quasi appoggiare sul braccio di Edoardo che se ne penzola al sole  fuori dal finestrino posteriore. Inchiodiamo nel nulla per rimediare al cedimento e lì finalmente realizzo perchè in Turkmenistan vi sia lo Zoroastrismo. E' evidente che al tempo Zoroastro sia stata l'unica divinità a farsi carico  di una situazione simile: la mole di lavoro da sostenere deve aver spaventato qualsiasi altro Dio.

Mentre un team di spagnoli ci sorpassa col sorriso, ripartiamo circondati da dune di sabbia che in questo tratto sembrerebbe aver dato scacco all'inospitale steppa. Turkmenabat, in pieno stile sovietico, si presenta con un maestoso vialone d'accesso costellato dai palazzi governativi di una mole immensa. Sulle facciate e nelle piazze le statue e le foto del presidente s'impongono alla vista dei passanti su ambo I lati. Ovviamente tutto ciò che il vialone da parata non tocca e' quasi abbandonato, fatiscente. Probabilmente li e' dove il presidente non guarda mai. L’hotel dove ci fermiamo e' proprio uno di questi palazzoni dalla facciata in finto marmo e dalle ringhiere in altrettanto finto oro. La scalinata d'accesso e' da Festival di Sanremo, in tutta risposta come da copione nelle camere non c'e' l'acqua calda. Ecco un assaggio pratico dei residui dittatoriali. Dopo un po' di riposo, un giro al bazar e  dei piccoli lavoretti di restauro alla Peggy arriva ora di cena.

Mi ero scordato il piacere di parlare russo, e ancor più mi ero scordato il piacere di parlar russo seduto tra vodka, pomodori e cetrioli in salamoia. Intorno a noi dei doganieri grassi e scuri scommettono soldi al tavolo da biliardo, la televisione sopra di noi trasmette a intermittenza un film porno e la replica delle Olimpiadi. Noi sediamo con due autoctoni tra brindisi e volgarità, e quella sensazione d'amicizia che può nascere solo ed esclusivamente attorno ai tavoli di questi Paesi. Il barista ha una maglia di Topolino e prepara la pizza mentre la palla strobo appesa al soffitto lo fissa immobile, chissà da quanto tempo non vive il suo tempo delle mele. 

Filippo un giorno, nel bel mezzo dell'Iran, disse che prima o poi, usciti dall'Islam profondo l'alcol sarebbe rientrato a gamba tesa. Direi che fu profetico. Il lato positivo e' che  oggi posso autorevolmente sconsigliare a chiunque di affrontare una frontiera con 38 gradi, 5 ore di sonno e dei postumi da vodka. D'altra parte paese che vai, usanza che trovi. Fortuna ha voluto che in frontiera I militari al controllo passaporti ci han preso subito in simpatia, alleggerendo di non poco il peso della serata precedente. Mentre arriva un altro team d'italiani mi trovo a far da interprete di dogana mentre un poliziotto mi distrae dal mio nuovo dovere mostrandomi video di sketch comici o presunti tali. Per i camionisti ormai sono un collega.

Mentre decine di vespe volano e nidificano in ogni dove un bambino con la maglietta del Milan e un colbacco ci saluta: questo si che e' meltin pot! Dasvidania Zoroastro.

Appassionato testo di Andrea Trolese
in collaborazione con il team al completo
Alessandro Bocchio
Edoardo Maritano
Filippo Maritano
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