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Cronaca Desenzano del Garda

Brai&Bei, problemi di Kazakhstan. Ma la Mongolia adesso la vedi davvero

Il viaggio volge al termine, c'è chi parla di una settimana, chi invece sospetta i dieci giorni. Gustando un'anguria dolcissima (anche per le api), e una dogana che invece lo è un po' meno: "L'uomo è schiavo delle proprie emozioni"

Qualche guaio e qualche imprevisto, verso la frontiera del Kazakhstan, dove la corruzione si fa ancora più corrotta, e dove il sorriso dei doganieri forse non basta. Ma si sa, “l’uomo è parecchio fedele alle sue emozioni”, anche se una bella anguria può diventare controproducente, anche se in realtà “c’è sempre qualcosa (o qualcuno) più in là” di noi, che l’ha fatta più grossa, che l’ha fatta più bella. Ma dopo il confine c’è pure il diesel, e per la Peggy è come un Capodanno, e davvero la Mongolia adesso la vedi, o almeno la senti.

Come avevo sentito dire, la città si presenta moderna fin da subito, quasi europea, con tinte ex DDR. Qui purtroppo non abbiamo tempo di visitare nulla e optiamo per una sana dormita ristoratrice, forti del fatto di essere a 12 km dalla frontiera col Kazakhstan. Peccato che la mattina seguente scopriamo che tale frontiera e' chiusa per lavori, per cui bisogna tornare verso sud per 70 km all'altezza del valico presso Chinaz. A questo punto realizziamo di essere entrati in riserva in un paese dove trovare gasolio e' praticamente impossibile. Avevamo calcolato tutto al millesimo, senza considerar la carta imprevisti. A rallegrarci però ci pensa l'anguria che una bella signorotta impomatata ci ha quasi gettato dal finestrino della sua macchina e che come un quinto passeggero ora se ne sta sdraiata tra me e Edoardo. Ci mancavano 10 kg di cucurbitacea che per altro nemmeno digerisco. Ma d'altra parte si sa, a caval donato non si guarda in bocca.

Sincronizzandoci alle altre macchine ci uniamo all'ordinata danza delle inversioni a u e con la nostra anguria muoviamo verso Chinaz. Alla frontiera incontriamo altri team, nell'attesa che si aprano I cancelli sfoderiamo la nostra anguria e la mangiamo sul cofano della Peggy tra api e kazaki. Mentre mangio, oltre a confermare il mio disgusto nei confronti delle cucurbitacee inizio a pensare che quella signora fosse una sorta di angelo custode. Come se già avesse saputo che saremmo stati in coda tra i camion per cinque ore senza acqua, sotto il sole del mezzodì. Solamente con la sua anguria. Peccato solo che quest'ultima piaccia particolarmente anche alle api, che se possibile sono una cosa che mi infastidisce ancor più delle angurie.

Quando incontri qualcuno che ha mollato tutto e  se ne  va in macchina dall'Irlanda all'Australia improvvisamente la Mongolia sembra una passeggiata al parco. E ancor più se  guardando le infinite distese del Kazakhstan pensi a Gengis Khan che se l'e' trottata fino a Mosca. E' proprio vero che  c'e' sempre qualcosa (e qualcuno) più in là. In frontiera veniamo depauperati, la corruzione qui parrebbe farla da padrona. Alessandro riesce a salvarsi orologio e iPhone solo grazie alle care vecchie magliette dell'Italia e cosi transitiamo in Kazakhstan.

Attraversando i confini in macchina, si ha la possibilità di gustare o disgustare il passaggio da un paese all'altro. Questa sensazione in aereo e' decisamente tarpata. Un sorriso in frontiera in entrata, volente o nolente, influenzerà per sempre il giudizio generale e irrevocabile di un intero paese. L'uomo e' fatto cosi, e' parecchio fedele alle proprie emozioni.

Fatta questa premessa risulta chiaro che in Kazakhstan, rapinati e abbandonati al sole, siam partiti dunque col piede sbagliato. L'unico passeggero attimo di felicità e' la visione di un distributore con tutto il diesel del mondo. Per la Peggy e' meglio di un capodanno.

Appassionato testo di Andrea Trolese
in collaborazione con il team al completo
Alessandro Bocchio
Edoardo Maritano
Filippo Maritano
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