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Cronaca Desenzano del Garda / Via Porto Vecchio, 28

Anguille buone e anguille cattive: l’assurdo divieto del lago di Garda

I pescatori e i sindacati chiedono il ritiro del divieto di pesca dell'anguilla, ritenuto "un capestro insensato che sembra quasi un accanimento". Presto una richiesta formale, e magari una bella mangiata dimostrativa

Tra un’anguilla ‘buona’ e una ‘cattiva’ è rimasto solo un simbolico ponte a Peschiera, il ponte della ferrovia che a due passi dall’autostrada delimita quello che è considerato ancora fiume (il Mincio) e quello che è considerato già lago (il Garda). Fiume buono e lago cattivo, e dopo l’ordinanza che ha posto il divieto di pesca, per anguille di ogni età e ogni dimensione, a seguito del primo monitoraggio “sulla contaminazione da Diossine, Furani e PCB” datato maggio 2011, è di recente notizia la proroga di tale divieto, almeno per un altro anno e in attesa di nuove analisi, previste nell’arco di un piano biennale. Un nuovo smacco ai poco più di 50 pescatori professionisti del lago più grande d’Italia, ancor più per quelli del Basso Garda, tra Sirmione e Peschiera ma anche Desenzano, che dell’anguilla facevano il primo pesce, e il primo pescato.

Secondo i risultati delle prime e finora uniche analisi, “l’elevata proporzione di anguille contaminate non consentono di garantire la compatibilità del consumo di questa specie ittica, e la quantità di PCB riscontrata nelle anguille è mediamente di 15,3 pg/g, a fronte di un’esposizione massima settimanale consentita nell’uomo di 14 pg/g di peso corporeo”. Analisi che di anguille ne toccano in realtà una quarantina circa, ma che comunque dispongono la necessità di “misure urgenti necessarie a tutelare nell’immediato la salute pubblica, a tutela dei consumatori finali e alla luce dei significativi livelli di contaminazione rilevati”.

Tra pescatori di professione se ne parla da un po’, tanto che la FAI CISL, che rappresenta “buona parte dei pescatori del lago di Garda, sponda bresciana”, nel settembre del 2011 aveva scritto una bella lettera, anche un po’ ironica, in cui lamentava le preoccupazioni di chi di pesca ci vive, “per l’andamento che sta prendendo la vicende delle anguille sul lago”, ricordando poi ai vari esperti che hanno disposto un divieto che appare paradossale, perché limitato a un solo bacino, che “da fine settembre le anguille mature prendono la strada per il mare partendo proprio dal Mincio, entrando poi nel Po per buttarsi infine nel mare a sud di Chioggia dove c’è una flotta di pescatori non indifferente”. Come se “in tutto questo tragitto, fatto in acque limpide e sane, le anguille perdessero tutti i significativi livelli di contaminazione che hanno assorbito nel nostro lago”, per poi finire tranquillamente “nei piatti dei ristoranti, anche del Garda, perché risultano pescate altrove”.

Ne abbiamo parlato anche ieri mattina, proprio al Porto Vecchio di Desenzano, splendida cornice che vale come una tradizione, la pesca dell’anguilla che corre pure il rischio di una remota estinzione causa la mancanza di semina dal 2009, e allora “ogni volta che escono (dal lago, ndr) di certo non rientrano”. Al tavolo Oliviero Sora, della segreteria FAI CISL Lombardia, Marco Cavallaro e Adelino Signori, pescatori da decenni e che oltre alle specie classiche (coregone, sardina e persico) hanno fatto proprio dell’anguilla il loro pezzo forte, il loro pescato pregiato. “Quello che contestiamo – spiegano, con un tono preoccupato ma anche sorpreso, e pure un po’ indignato – è proprio questo assurdo divieto. A fronte di dati ‘inequivocabili’ abbiamo provato a chiedere delle controanalisi, ma non ce le hanno fatte fare. I risultati del maggio 2011 si riferiscono a un solo periodo dell’anno, e a un ridotto numero di pesci, che potrebbero avere anche un bel po’ di anni alle spalle, e dunque aver assorbito diversi sedimenti”.

“Ma siamo convinti che l’anguilla del nostro lago è buona, e non fa male a nessuno. Ci piacerebbe davvero avere nuove analisi, una volta che il pesce è stato spellato, sgrassato e cucinato!”. Non sarebbe male una gustosa dimostrazione, una mangiata di quelle giuste per far cambiare idea ai piani alti di Provincia, Regione e Ministero. “Non possiamo tollerare che venga preso di mira solo il lago di Garda: a breve presenteremo una richiesta formale affinché venga ritirato questo capestro insensato, che non mira alla protezione della salute e che sembra invece quasi un accanimento”. Ma dal Ministero, e dai vari sottosegretari, le risposte sembrano ripetersi: “Non sappiamo niente!”.

E pensare che una volta, non troppi anni fa, di anguille se ne pescavano centinaia di quintali a stagione, da vendere “su tutto il mercato nazionale, da Roma a Napoli”. Localmente, una buona pesca, per il cui divieto però non è previsto alcun indennizzo, nonostante spese fisse come i costi delle concessioni, o delle attrezzature mobili e non. “Abbiamo chiesto in Provincia – ci dicono con un sospiro – ci hanno detto che non se ne parla. E allora stiamo qui, come se pagassimo l’affitto di un negozio senza poterlo aprire”.

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