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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Via Valcamonica

L'albergo della discordia e la famiglia allargata di Marzia

Dal 2011 l'hotel Milano di via Valcamonica a Brescia è una delle strutture designate dalla Prefettura per la gestione dell'accoglienza profughi. Davanti all'albergo, Forza Nuova ha indetto una manifestazione per giovedì 25 giugno

L’albergo Milano di via Valcamonica, in città a Brescia, è nella mappa dell’accoglienza dal 2011. Recentemente è entrato nel mirino degli esponenti locali di Forza Nuova. Gli stessi attivisti che lo scorso giovedì hanno srotolato sotto il Broletto lo striscione recante la scritta: “Prima i profughi italiani”. Giovedì 25 giugno manifesteranno sotto l’hotel di Marzia. Il motivo? Nelle stanze dell’albergo vivono 40 profughi. Un’ingiustizia, secondo gli esponenti del partito di estrema destra.

Non la pensa così, ovviamente, Marzia, che gestisce l’hotel della “discordia” assieme alla figlia. La sua famiglia dal 2011 si è allargata parecchio e comprende tutti i rifugiati che sono passati dal tappeto rosso della hall. Per loro lei è “mama”. La chiamano così i 40 migranti, la maggior parte scappati dalle carneficine targate Boko Haram, che ora abitano in 18 delle 20 camere disponibili. Così si rivolgono a lei anche coloro che, ottenuti i documenti, hanno oltrepassato i confini dello Stivale per cercare fortuna in Francia e in Germania. Non si dimenticano tanto facilmente di lei. Lei che si è presa di cura di loro appena “sbarcati” in quello che da molto lontano, nelle immagini rimandate da un tubo catodico, sembra l’Eldorado.

Il “lavoro” di Marzia non finisce con la consegna delle chiavi di una stanza e la spiegazione delle regole e delle norme di comportamento. Al contrario, quello è solo l’inizio. Lei si prende realmente cura di loro, come fossero suoi figli: gli cucina la colazione, il pranzo e la cena; li dota del necessario (biancheria intima, spazzolini da denti, schiume da barba, medicinali non mutuabili ecc..) e li manda a scuola (i corsi d’italiano). Così prevede il protocollo, d’altra parte.

Nelle sue casse arrivano quei 35 euro sborsati quotidianamente dallo Stato di cui si fa un gran parlare. Di questi, 2,50 vengono consegnati come pocket money ai profughi (nella maggior parte dei casi non vengono spesi, ma tenuti via e spediti alle famiglie d’origine a fine mese). I restanti sono quindi il budget giornaliero che Marzia ha a disposizione per coprire le spese.

“Di quella somma mi resta ben poco - spiega -. Non ho certo deciso di aderire ai bandi per l’accoglienza dei profughi per guadagnare, piuttosto per spirito umanitario. Una stanza doppia costa 80 euro e i clienti vengono solo a dormire. Per quelle che ospitano i ragazzi prendo 75 euro e in quella cifra è compreso tutto: colazione, pranzo, cena, le spese per i corsi, i medicinali. Inoltre, loro non si muovono praticamente mai dall’hotel, quindi consumano più luce, corrente e acqua di un cliente normale. Le bollette a fine mese sono più alte. Ma io lo faccio volentieri, è gratificante prendersi cura di loro. Quando arrivano non hanno nulla e nessuno: io divento il loro punto di riferimento, la loro mamma italiana. Mi confidano i loro problemi, le loro preoccupazioni e i loro progetti; sono riconoscenti e sono molto protettivi nei miei confronti. Una volta c’era un malintenzionato fuori dall’albergo, loro sono scesi e si sono messi in cerchio per proteggermi. Ho apprezzato il gesto, ma me la sono cavata da sola come ho sempre fatto, non volevo che avessero problemi per causa mia.”

Non sono solo belle parole. Basta scendere al piano di sotto, nella sala da pranzo, a mezzogiorno di un giorno qualsiasi. Marzia è indaffarata in cucina, i suoi ospiti sono seduti in paziente attesa, quando il pranzo è servito un coro di “grazie mama” si leva dai tavoli. A chi protesta per quei 35 euro destinati ai profughi, Marzia risponde così: “Sono soldi che rimangono in Italia e comunque contribuiscono a creare lavoro. Per esempio, io ho assunto altre due persone da quanto mi occupo di loro e la scuola dove fanno i corsi d’italiano ha preso due insegnanti in più.”

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