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Per Meloni "l'esempio è Borsellino", ma governa col partito fondato da Dell'Utri

Nel suo discorso alla Camera, Giorgia Meloni ha raccontato di aver iniziato a fare politica a 15 anni, "il giorno dopo la strage di Via D'Amelio, nella quale la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino, spinta dall'idea che non si potesse rimanere a guardare, che la rabbia e l'indignazione andassero tradotte in impegno civico. Il percorso che mi ha portato oggi a essere Presidente del Consiglio nasce dall'esempio di quell'eroe".

Chissà cosa ne penserebbe quell'eroe, ucciso dalla mafia con la complicità dello Stato, del fatto che la neo-premier dichiari di ispirarsi a lui e, allo stesso tempo, annoveri tra i suoi maggiori alleati Forza Italia, partito fondato da Berlusconi nel 1993 insieme a Marcello Dell'Utri, condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Chissà cosa ne penserebbe quell'eroe, sapendo che Dell'Utri e Berlusconi sono tuttora indagati dalla Procura di Firenze per il presunto ruolo di "mandanti esterni" delle stragi mafiose del 1993 a Firenze e a Milano, nelle quali morirono 10 persone.

Nella sua ultima intervista del 21 maggio 1992, rilasciata ai giornalisti di "Canal Plus" Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, Paolo Borsellino parlò a lungo di Marcello Dell'Utri e soprattutto di Vittorio Mangano, un mafioso pluriomicida che lavorò per Berlusconi nella sua villa di Arcore, col ruolo ufficiale di stalliere ma che, spiega Borsellino, era in realtà una delle "teste di ponte dell'organizzazione mafiosa nel Nord Italia". Secondo la Procura della Repubblica di Palermo, Dell'Utri era a conoscenza dello "spessore delinquenziale" di Mangano quando lo fece assumere a Villa San Martino e, nella sentenza di condanna in Cassazione, si legge che Dell'Ultri avrebbe svolto il ruolo di "mediatore" tra Cosa Nostra e Berlusconi: per lunghi anni, il leader di FI avrebbe pagato l'associazione criminale per proteggere i suoi familiari e svolgere senza danni la sua attività imprenditoriale.

Dice Meloni che, dall'esempio di Borsellino, è nato il suo percorso terminato in questi giorni con la presidenza del Consiglio dei Ministri. Probabilmente la premier non conosce la storia (o, probabilmente, fa finta di non conoscerla) del cofondatore palermitano di Forza Italia e del suo caro amico Silvio, che la mafia la finanziò e che ora governa al suo fianco. Di sicuro, Meloni ha davvero un gran coraggio per sedersi al tavolo con certi alleati – la cui storia parla (male) per loro – e poi dichiarare d'ispirarsi a chi ha sacrificato la propria vita per la lotta alla mafia. Riecheggiano nella memoria le parole di Salvatore Borsellino, quando vide l'ex presidente del Senato Schifani depositare una corona di fiori, davanti all'ulivo piantato nel cratere dell'esplosione che uccise suo fratello: "Questo è il nostro eroe, questi sono i nostri eroi, questi eroi li lasci onorare a noi come noi sappiamo onorarli".

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