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Alessandro Gatta

Giornalista

L'acquedotto perde il 30%, ma la colpa è tua che ti lavi i denti

I tubi degli acquedotti bresciani perdono quasi il 30% del loro carico di acqua potabile lungo il tragitto: eppure il messaggio che sta passando in queste bollenti settimane di siccità è che, in fondo, la colpa è del consumatore finale, magari del povero pensionato che si lava i denti con il rubinetto acceso (sacrilegio!). E' un'iperbole, sia chiaro: siamo tutti d'accordo che in questo momento storico (anzi, sempre) sia meglio sprecare meno acqua possibile. Ma non possiamo essere d'accordo su questo, ennesimo, "scarico" di responsabilità. I problemi ancora una volta sono a monte: dagli acquedotti che perdono alla mancata programmazione (di siccità si parla almeno da 10 anni, correva l'anno 2012: cosa è stato fatto da allora ad oggi? Perfino Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha ammesso che in Italia solo il 10% dell'acqua piovana viene immagazzinata e riutilizzata).

Ma andiamo con ordine. Anzi, con le ordinanze: sono a decine i Comuni bresciani che hanno vietato per "legge" il consumo di acqua che non sia umano, quindi stop all'irrigazione, al lavaggio delle auto e via così. Allo stesso tempo in tutti i municipi, e dunque a tutti i residenti, sono arrivate una serie di "raccomandazioni" dagli enti gestori, la cui premessa è più o meno così: "L'allerta idrica in corso in tutto il Nord Italia, causata da un inverno privo di precipitazioni, da un'aridità prolungata e tuttora presente, dal progressivo impoverimento delle disponibilità idriche, è aggravata da consumi particolarmente elevati per le alte temperature registrate". Nelle "raccomandazioni" quindi si chiede ai cittadini di farsi solo una doccia veloce, di installare il frangigetto sui rubinetti, di chiudere il rubinetto quando ci si lava i denti o ci si rade.

Quanto spreco nei nostri acquedotti

Tutto giusto, ci mancherebbe: ma è davvero colpa nostra se siamo a secco, in piena siccità e con il cuneo salino del Po (che più risale e più è un disastro) ormai a decine di chilometri verso l'entroterra? Diciamo pure non solo nostra. A noi piace dare i numeri: il consumo domestico incide per il 15/20% del totale: il resto va per l'agricoltura (40%), industria ed energia/centrali idroelettriche (entrambi i settori al 20%). Poi c'è il Report Acqua 2022 dell'Istat, dove si legge: "Nel 2020 sono andati persi 41 metri cubi al giorno per km di rete nei capoluoghi di provincia, il 36,2% dell'acqua immessa in rete (era il 37,3% nel 2018: è cambiato poco, ndr)". E ancora: "Non tutta l'acqua immessa viene effettivamente erogata agli utenti. Nel 2020 sono andati dispersi 0,9 miliardi di metri cubi, pari al 36,2% dell'acqua immessa in rete (come se ogni anno si svuotasse per intero il lago d'Idro e oltre, ndr). Le perdite totali di rete hanno importanti ripercussioni ambientali, sociali ed economiche, soprattutto per gli episodi di scarsità idrica sempre più frequenti. Sono da attribuire a fattori fisiologici presenti in tutte le infrastrutture idriche, alla vetustà degli impianti, a fattori amministrativi". 

In più di una città su tre si registrano perdite superiori al 45%. Le condizioni di massima criticità sono state registrate a Siracusa (67,6%), Belluno (68,1%), Latina (70,1%) e Chieti (71,7%). Stanno meglio, molto meglio città come Macerata (dove si perde solo il 9,8%), Pavia (11,8%), Como (12,2%), Biella (12,8%), Milano e Livorno (13,5%), Pordenone (14,3%). A Brescia siamo oltre il 28% della dispersione: il che significa che ogni 10 litri di acqua erogati, 3 si perdono per strada. 

C'è poi la questione dell'agricoltura: anche nella ricca Lombardia spesso ci si affida a metodi "ottocenteschi", con irrigazione di superficie anziché a pioggia e – naturalmente – manutenzione zero. Quanta acqua si potrebbe risparmiare con una gestione più efficiente? Insomma, se l'Italia è uno dei Paesi d'Europa che consuma più acqua (236 litri al giorno pro-capite, come riferito dal Blue Book a cura di Istat e Cassa Depositi e Prestiti) non è solo colpa del libero cittadino che si lava i denti troppo a fondo. 

Un'altra catastrofe "sociale"?

Fa tutto parte di quella mancanza di programmazione, che è uno dei problemi del capitalismo. Per capirci: quando piove è un disastro, scoppiano i tombini, si allagano le case e le strade; quando non piove è un disastro, manca l'acqua, le coltivazioni vanno perse, le riserve idriche si esauriscono. Ma al di là dello storico reiterarsi dei "disastri", sono almeno 10 anni che si parla concretamente di un rischio siccità, anche in Lombardia. Ricorda un po' quello che fu l'esordio della pandemia: fummo tutti colti impreparati, ma era dai primi anni Duemila che esperti da tutto il mondo annunciavano i rischi di un virus "Big One", dopo le prime avvisaglie di Sars, Mers e così via. Vale più o meno lo stesso per la siccità dei giorni nostri: sempre archiviata come un problema su cui non concentrarsi troppo, un po' come il cambiamento climatico. 

E' la linea sottile (ma non troppo) tra "catastrofe sociale" e "catastrofe naturale": il primo a parlarne in Italia fu Amadeo Bordiga, ormai più di sessant'anni fa, definendo la prima come una catastrofe causata dalle scelte dell'uomo (con riferimento alle alluvioni, alle case costruite sotto i fiumi, alle case costruite con la sabbia che crollano alla prima scossa di terremoto e via discorrendo). Sono quelle catastrofi che si potrebbero evitare, prevenire, e per cui invece non si fa mai abbastanza un po' per disorganizzazione e un po' per la discordia dei vari gruppi di potere che pilotano gli investimenti.

Che fare con 4,4 miliardi di euro?

Dunque, che fare? Il Blue Book citato poche righe fa narra di quasi 4,4 miliardi di euro (fondi dal Pnrr) che l'Italia destinerà al settore idrico nei prossimi anni, quasi il doppio della Spagna. Ma che gli investimenti si facciano: vasche di accumulo, sistemazione della rete idrica, efficientamento dell'agricoltura, perché no anche i desalinizzatori vista mare (come già fanno da decenni in Medio Oriente, dove di acqua non salata ce n'è davvero poca). Vedremo, faremo: ma intanto siamo qua, con un'altra crisi (e se fosse la stessa crisi a essere strutturale, in questo sistema economico?) e domande che ci rifacciamo ogni volta. Tra cui: chissà dove arriveremmo se spendessimo in altro modo (sanità, servizi, acqua, ricerca) i 2.100 miliardi di dollari che quest'anno saranno investiti in armi, in tutto il mondo (record di sempre, alla faccia dei riformisti). Una riflessione dovuta: come sostenevano alcuni storici e filosofi, ma già nell'Ottocento, i problemi tra l'uomo e la natura (carestie, siccità, difesa da eventi estremi) potranno essere risolti solo quando saranno risolti i problemi tra gli uomini. 

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