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Veleno nello stagno colmo di rospi, forse si è trattato di una vendetta

È stato individuato, grazie a una testimonianza decisiva, l'uomo che alla fine di agosto avrebbe riversato diverse taniche di olio esausto in una pozza dell'altopiano di Cariadeghe brulicante di rane

Ettolitri di olio esausto per autotrazione sversati in una pozza brulicante di vita. Un disastro ambientale evitato solo grazie alla mobilitazione di centinaia di volontari, che hanno messo in salvo migliaia di uova di rospi comuni e decine di rane dalmatine. 

L'episodio risale alla fine di agosto: la pozza 'Meder' dell'altopiano di Cariadeghe a Serle si era trasformata in una discarica. I tanti esemplari di rane e rospi, e le uova - tantissime dato che l'avvelenamento si è verificato durante la stagione degli amori- erano stati lavati, recuperati e 'curati' all'acquario Civico di Milano. Nel frattempo il comune si era prodigato per risanare il bacino d'acqua e costituire un pozza alternativa per poter ospitare nuovamente gli anfibi. 

Serle: olio motore sversato nel laghetto


Un gesto scellerato, e criminale, che avrebbe potuto portare alla morte di decine di esemplari e all'avvelenamento delle acque sotterranee, dettato - stando alle prime indiscrezioni trapelate -  dal desiderio di vendetta. Ad inquinare pesantemente lo stagno sarebbe stato un uomo residente proprio a Serle, che conosce benissimo la zona, dato che si occupa anche di tagliare la legna negli spazi dell'altopiano, per poi rivenderla.

Proprio la mancata concessione da parte del Comune di porzioni di bosco da tagliare, unita al mancato rinnovo di un appostamento fisso di caccia, avrebbe spinto l'uomo ad avvelenare la pozza colma di rane e rospi. 

A portare i carabinieri forestali, titolari delle indagini, sulle tracce dal presunto responsabile dell'avvelenamento è stata una testimonianza decisiva. Quella di un artigiano valsabbino che avrebbe raccontato di aver fornito all'uomo le taniche contenenti il lubrificante da smaltire. Una ritorsione che potrebbe costare molto cara al serlese. Rischia fino a 6 anni di carcere e una multa salatissima: il massimo previsto è 100mila euro. 

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