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Il crollo delle nascite: "In trent'anni 5 milioni di italiani in meno"

Il numero dei nuovi nati continua a scendere: per recuperare ci vorranno decenni. Le conseguenze sono concrete per il sistema sociale ed economico

In Italia i nati sono sempre di meno: il deficit demografico causato dalla denatalità è concreto, i numeri si rivelano e definiscono una tendenza che ormai va avanti da 7 anni. Anche la Pandemia ha influito negativamente: negli ultimi due anni la differenza tra nati e deceduti stata di 616mila italiani. Le conseguenze non sono solo numeriche e influenzeranno il futuro sociale ed economico del Paese. 

"Non può esservi opposizione tra impegno professionale, attività lavorativa e scelta di maternità".

(Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica)

Record negativi, ancora

I numeri sono quelli emersi dagli Stati generali della natalità. Nel 2021 è stato segnato il nuovo record negativo nascite (399.431) dall'Unità d'Italia dopo quello del 2019, a fronte di un elevato numero di decessi come non si vedeva dalla Seconda guerra mondiale. Questo ha portato la popolazione residente a diminuire di 253 mila unità, soltanto nell'arco di dodici mesi.

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"Se non verrà invertita la rotta della natalità con misure strutturali nel 2050 l'Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno" ha detto il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo". La denatalità impatta, tra le altre cose, sul numero di occupati, ossia della gente che lavora, anche, per sostenere il sistema pensionistico: "Solo poco più di una persona su due sarebbe in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-66 anni che dovrebbero provvedere sia alla cura e alla formazione delle persone sotto i venti anni (16%), sia alla produzione di adeguate risorse per il mantenimento e l'assistenza ai pensionati (32%)"  ha detto Blangiardo.

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In questo quadro le nascite annue potrebbero scendere nel 2050 a 298 mila unità: "Si era detto dell'obiettivo di almeno 500mila nati. Nelle nostre previsioni, se andiamo a guardare le tendenze, lo potremo raggiungere nell'arco di 40/50 anni. Il vero sforzo è arrivare a questo risultato in tempi decisamente piu' ravvicinati. Dobbiamo lavorare per rialzare i livelli di fecondità in modo tale che si possa arrivare a questo risultato nell'arco di dieci anni. Sarebbe già un buon risultato" ha detto il presidente dell'Istat Blangiardo.

Facciamo pochi figli: le conseguenze della denatalità sull'economia italiana

Le conseguenze del calo demografico

"La accentuata diminuzione della natalità rappresenta uno degli aspetti più preoccupanti delle dinamiche sociali contemporanee e segnala una difficoltà. Occorre insistere nel perseguire condizioni che consentano alle giovani generazioni di costruire il proprio futuro e, in questo senso, va garantita piena dignità ai giovani, alle donne, alle famiglie" ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella". 

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Il primo tema a cui si pensa quando si parla di denatalità è quello delle pensioni: avere meno lavoratori comporta meno contributi che servono letteralmente a "pagare" le pensioni. Ma non solo. Tramite le tasse che si versano allo Stato si finanziano anche i servizi, tra cui quelli fondamentali del sistema sanitario e scolastico. 

Quando andremo in pensione

"Secondo le tendenze attuali nella scuola dovremmo avere, tra il 2021 e il 2032, un milione e quattrocentomila ragazzi in meno. Perché la popolazione si sta riducendo moltissimo e si riduce soprattutto nelle zone di montagna, nelle periferie. Ma ci stiamo lavorando e per questo siamo qui. Siamo convinti che riusciremo nel cambiamento - ha detto il ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi - abbiamo fatto una scelta che non era ovvia: abbiamo deciso di mantenere tutte le risorse della scuola uguali, proiettate fino al 2032. Tutte le risorse che abbiamo nella scuola abbiamo deciso che devono rimanere nella scuola, anche se c'è questa caduta demografica: perché abbiamo fiducia di gestirla. Abbiamo investito moltissimo negli asili nido, là dove non ci sono, 2,4 miliardi, anche a fronte di queste previsioni. Perché? Perchè stiamo creando le occasioni per poter lavorare, avere una propria vita che consenta anche di fare la scelta di essere genitori". 

Il Pnrr potrebbe dare una mano?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede risorse a sostegno delle famiglie, ma anche degli anziani. Ci sono fondi che saranno destinati al Family Act, una serie di misure a favore delle famiglie come l’Assegno unico e universale per i figli a carico. Saranno potenziati anche gli asili nido, oltre alle nuove scuole materne e la creazione di nuove mense per le scuole primarie.

Bisogna anche considerare le risorse stanziate per i sostegni agli aiuti per gli anziani fragili (7,5 miliardi di euro), a partire dall'incremento delle cure domiciliari e dei servizi di prossimità. I fondi ci sono, ma tanto dipenderà da come verranno utilizzati, soprattutto in ottica di investimento per tentare di nvertire una tendenza che potrebbe iniziare a cambiare in positivo solo tra 40-50 anni.

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