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Tutti i numeri dei femminicidi: 6 donne su 10 non avevano parlato con nessuno

L'inchiesta pubblicata dalla commissione bicamerale del Senato

Il femminicidio in Italia resta un dramma sociale gigantesco, legato a un'atavica cultura di dominanza. Donne vittime di soprusi, lasciate sole a se stesse, ammazzate semplicemente per essersi ribellate ad angherie, per aver lasciato un partner violento o per aver scelto un altro uomo: attorno a fenomeni di questo tipo, troppo spesso cala il silenzio e le vittime sono spesso restie a chiedere aiuto, non solo alle forze dell'ordine ma anche a familiari o amici. Inquietanti le statistiche: su 196 casi di femminicidio presi in esame, ben 123 (ovvero il 63%) non avevano denunciato le molestie o le violenze subite precedentemente. 

Donne massacrate e uccise nel totale silenzio. Potevano parlare, ma a chi? A quelle famiglie sempre pronte a prendere le parti dell’uomo? A chi sa solo giudicarle e mai ascoltarle? Alle forze dell’ordine che invitano a non denunciare? Già, perché la Commissione ha rilevato anche come, in quei delitti, siano stati determinanti certi contesti culturali, dove è socialmente accettato che un uomo possa spazientirsi e tirare due schiaffi. Non è facile parlare, superando la vergogna e il senso di inadeguatezza, denunciando un uomo che, in alcuni casi, è anche l’unico sostegno economico per la donna. Infatti, sempre secondo i dati del gruppo d’indagine al Senato, l’85% delle donne uccise (e di chi era loro vicino) non aveva denunciato precedenti violenze.

"Il numero delle donne ammazzate è solo la punta di un iceberg molto più grande e che cela ogni giorno abusi e violenze, da quella economica a quella sessuale, che si consumano troppo spesso nel silenzio e nella solitudine di tante. - ha detto la Presidente della Commissione Valeria Valente (Partito democratico) - Questo fenomeno continua a resistere nel tempo. Gli unici reati violenti che non conoscono battuta di arresto sono quelli che si consumano ai danni delle donne. Lo dicono i numeri. Il nostro lavoro, come Commissione di inchiesta, cerca di valutare che cosa non funziona".

Ma sono solo i primi dati attraverso i quali la Commissione ha potuto indagare sull’efficacia del sistema di prevenzione; sul livello di coordinamento e collaborazione fra le istituzioni; sul perché della mancata emersione dei fatti di reato; soprattutto sull’adeguatezza del sistema normativo che, va detto, successivamente a quegli anni ha poi visto l’introduzione del codice rosso e della legge 33 del 2019, con la quale non si può più accedere ai riti alternativi di fronte all’accusa di omicidio aggravato. 

Questione culturale dunque, ma non etnica. Anche perché su 192 omicidi accertati, 150 sono stati commessi da italiani. Non c’è nazionalità, età o classe sociale che tenga per banalizzare il tutto. In Italia la maggioranza dei delitti arrivano da italiani di ogni età, estrazione sociale. Sono altri i dati che aiutano a guardare meglio il fenomeno sotto diversi punti di vista. Basti pensare che più della metà delle donne sono state uccise dal partner (inteso come il marito, il compagno, il fidanzato, l’amante), ma che molte di loro hanno perso la vita per mano di altri soggetti: 

  • ex partner 
  • figlio 
  • padre 
  • altro parente 
  • altro conoscente 
  • cliente / spacciatore 
  • autore non identificato 
  • autore sconosciuto alla vittima 

“Dunque il femminicidio si conferma come un atto di volontà di dominio e di possesso dell’uomo sulla donna al di là della possibile volontà di indipendenza e di rottura dell’unione della donna stessa” si legge nella relazione.

Femminicidi: i numeri della Commissione d'inchiesta al Senato

La Commissione rileva anche come, tornando ai 192 autori di omicidio, un terzo (62) di loro aveva precedenti penali o giudiziari. In particolare, di quei 62 con precedenti, un terzo (20, cioè il 32,3%) erano anche già stati sottoposti a misure cautelari; di queste, 13 su 20 erano state emesse per reati contro la persona. E questo apre anche una riflessione sul funzionamento del sistema giudiziario e sulle forme di prevenzione dei delitti che forse, anche in nome di quella Convenzione di Istanbul, dovrebbero essere implementate. Infatti, al termine dell’inchiesta, si prova a tirare le somme su una serie di nervi scoperti. Tra questi l’incapacità delle istituzioni di leggere i segnali che precedono un omicidio; la diffusa tendenza a confondere la violenza col banale “conflitto familiare”; la carenza di un effettivo sistema integrato di collaborazione di rete tra i professionisti specializzati nei diversi settori; un efficace raccordo tra la giurisdizione civili e panel, come anche tra quella ordinaria e minorile.

Per questo la Commissione d’inchiesta sui femminicidi del Senato, preso atto di tutta una serie di criticità, tenta anche di rilanciare con delle proposte, tra cui: 

  • la previsione dell’arresto, anche fuori dei casi di flagranza, per i reati di maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenza sessuale, lesioni e atti persecutori;
  • la possibilità di disporre le intercettazioni in presenza di sufficienti indizi circa la commissione dei delitti sopra citati; 
  • l’obbligo di applicare il braccialetto elettronico per l'indagato agli arresti domiciliari, di cui “si registra una scarsa applicazione (da ricondursi anche alla allora oggettiva difficoltà di reperimento di tali strumenti di controllo), sebbene il codice di procedura penale lo prevedesse come obbligatorio, imponendo al giudice di motivarne, in fatto, perché ritenuto non necessario”.

"Dagli anni ’80 l’Italia si è dotata di un quadro normativo robusto e soddisfacente. - continua la presidente Valente - Il tema vero è che oggi purtroppo le leggi non bastano. Il tema vero è leggere correttamente la violenza per quello che è: l’espressione di una profonda speculazione di potere che esiste ancora nella dinamica uomo-donna. Gli uomini in Italia detengono il potere e le donne non riescono ad eguagliare questo potere. In questa disparità si alimenta il seme della violenza. Costruiamo una società che garantisca eguaglianza di potere, nel senso di poter fare, tra uomini e donne, eliminando questa sperequazione di potere e che combatta stereotipi e pregiudizi, non solo della violenza, ma soprattutto del ruolo che le donne, con le loro differenze, possano avere nella società”.

Molti passi in avanti sono stati fatti dal punto di vista giuridico, ma oltre alle leggi serve una vera svolta culturale, sradicando odio e violenza. La maggior parte degli assassini, infatti, non dimostra alcun segno di pentimento, continuando a disprezzare le vittime anche dopo il crimine, soddisfatti di aver rimarcato la loro "virilità" e di aver fatto "giustizia", come se possa esserci giustizia in qualsiasi tipo di violenza.

Per l'Italia serve un percorso culturale che coinvolga le scuole e le famiglie, all'interno delle quali sono ancora troppi i casi di violenza. È ora di uscire dal medioevo dell'uomo virile, dominante: la cultura della parità e del rispetto sia insegnata sin dalla più giovane età; che figlie e figli siano di esempio ai loro padri. 

Fonte: Today

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