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Ghedi, base Nato e bombe atomiche: "Se la guerra si espande sono a rischio"

L'aerobase bresciana è un obiettivo a rischio?

Le bombe atomiche di Ghedi sono tornate prepotentemente d'attualità nei giorni della guerra in Ucraina. Come ormai è noto, nell'aerobase militare bresciana sarebbero stoccate delle testate nucleari, forse addirittura una ventina: la base dunque potrebbe far parte del novero degli obiettivi “sensibili” in caso di attacco. Ma è davvero così? Per ora no, ma il conflitto si ampliasse sicuramente sarebbe un obiettivo a rischio. Lo ha ribadito il deputato leghista Paolo Formentini, vicepresidente della III Commissione Affari Esteri e vicepresidente della delegazione italiana all'assemblea parlamentare della Nato, in un'intervista al Corsera.

La corsa al riarmo

La guerra in Europa, a poco più di 20 anni dalle bombe in Kosovo, sta di fatto accelerando i processi di unificazione europea, anche dal punto di vista militare. In Francia il presidente Emmanuel Macron ha messo a disposizione l'atomica transalpina, al servizio della difesa europea: in Germania il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha rilanciato con un piano di investimenti in armamenti da 100 miliardi di euro l'anno. E l'Italia non è da meno: il via libera alle armi per l'Ucraina e al successivo “restyling” della spesa in armamenti è stato votato all'unanimità dal Parlamento, da destra a sinistra senza alcuna distinzione. 

Il fronte interventista

Sono questi gli albori del patriottismo (o nazionalismo) europeo. Sospinto da quelli che sono già stati definiti i “pacifisti con l'elmetto”, nel corso della manifestazione contro la guerra organizzata anche a Brescia dai Circoli operai, che proseguono nella loro campagna “contro tutti gli interventi militari” (sabato scorso c'è stato anche un incontro a Toscolano Maderno). I “pacifisti con l'elmetto” fanno parte dell'ormai ampio fronte interventista, che interessa la maggior parte della stampa e dei media anche nostrani. 

E il mondo non sta a guardare. Gli Stati Uniti sostengono la “resistenza” ucraina, ma al contempo non nascondono l'interesse al prosieguo di una guerra di logoramento: sia per stancare la Russia che per tenere impegnata l'Unione Europea. Restano (per ora) neutrali i giganti dell'Asia: da una parte l'India, che ha definito il conflitto in corso come “una piccola guerra europea”, dall'altra la Cina, che lavora in prospettiva, e volente o nolente sarà l'assoluta protagonista del secolo appena agli albori.

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