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Venerdì, 19 Aprile 2024
Coronavirus

Coronavirus: rischio ondata di ritorno, le 5 domande dei medici bresciani

La capacità infettante del virus si è ridotta e la malattia è clinicamente meno severa? E perché nel mondo SARS-COV-2 morde ancora drammaticamente? E i nuovi focolai? E la seconda ondata in autunno?

In attesa dell'autunno, viviamo una tregua, quasi una realtà sospesa. L'Ordine dei medici di Brescia interroga pubblicamente la Sanità lombarda con cinque domande, e altrettante risposte. 

1. Quali modalità organizzative e cliniche per individuare nuovi focolai?
L’attuale fase dell’epidemia si caratterizza per un basso numero di nuovi casi e per una minore severità clinica della patologia. In questi giorni si sono manifestati focolai in varie regioni, se pur di modesto impatto epidemiologico. Attualmente il Medico di Medicina Generale (MMG) o il Pediatra di Famiglia (PDF) in relazione al sospetto clinico di un nuovo caso di COVID-19 invia segnalazione ad ATS. ATS provvede a contattare il paziente ed a programmare tampone naso faringeo. L’esito positivo, disponibile in 24 ore, comporta isolamento del paziente, tracciamento e tamponi nei contatti.
Proposte
Vi è accordo in letteratura che l’individuazione precoce di tutti i nuovi casi è lo strumento cardine per il contenimento di nuovi focolai e quindi del controllo della diffusione epidemica. Vanno definiti i soggetti positivi: sintomatici (con patologia attiva), asintomatici (minore carica infettante), positività dopo riscontro sierologico (probabilmente non infettanti), positivi clinicamente guariti (poco infettanti) e debolmente positivi (probabilmente non infettanti).
Considerando raggiunta con la procedura in atto la tempestività del riscontro diagnostico, si ripropone, sui nuovi casi accertati, la stratificazione del rischio clinico e definizione di corrette modalità di isolamento del paziente.
1) Istituzione di ambulatori dedicati (presso ASST e strutture accreditate) previa analisi della numerosità attuale dei possibili nuovi casi onde programmare collocazione geografica e personale (Medici Infermieri Assistenti Sociali):
• Stratificazione clinica con percorso diagnostico–terapeutico definito
• Identificazione problemi di isolamento (ambientali, sociali, condizioni funzionali preesistenti
del paziente).
• Comunicazione tempestiva e sito ai MMG
2) Individuazione di strutture dedicate per isolamento quando non attuabile a domicilio.
Suscita rilevanti perplessità l'indicazione regionale di accogliere tali pazienti nelle strutture subacuti degli ospedali, strutture come è noto dedicate a pazienti dimessi dai reparti per acuti in condizioni non ancora stabili e per completamento di cicli terapeutici.

2. Quali modalità organizzative e cliniche per la Medicina Generale nel breve periodo?
La realtà attuale della Medicina Generale si caratterizza per alcune condizioni preminenti se pur non esaustive del suo ruolo.
Possibile ripresa dell’epidemia nei mesi autunnali.
Paziente cronico: l’assistenza a questa tipologia di paziente è stata, forzatamente, ridotta nei mesi scorsi. Si è quindi accumulato un ritardo sia per il follow-up ambulatoriale, presso il MMG, che per le prestazioni specialistiche.
Risorse “attuali” delle cure primarie:
1) Diffusione capillare sul territorio
2) Conoscenza del paziente e della sua situazione clinica (vedi età e comorbilità quali fattori
di rischio)
3) Conoscenza della famiglia delle situazioni abitative, socioeconomiche
4) Basso costo gestionale
5) Rapidità di intervento (con opportuni DPI)
Proposte
Si è a conoscenza che è in via di elaborazione un piano territoriale da parte di Regione Lombardia. con cui ci confronteremo rispetto alle proposte che seguono. Nel contempo riteniamo indispensabile che riprenda l’attività di una struttura di coordinamento gestita da ATS con “effettiva” capacità decisionale anche in base a nuovi strumenti normativi regionali che ne definiscano tale prerogativa.
1) Garantire già da ora scorte adeguate di Dispositivi di Protezione Individuali e strumenti per l'autogestione del paziente (es. saturimetri).
2) Definizione di standard per la gestione a distanza dei pazienti. Standard comportamentali
unificati per le visite domiciliari. Eventuale ruolo e utilizzo delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale.
3) Promozione del lavoro in team. Istituire luoghi di incontro degli MMG per organizzare e programmare modalità di confronto e contribuire a definire gli strumenti organizzativi e clinici da implementare. Indispensabile istituire un ruolo di coordinamento.
4) Piano vaccinale adeguato organizzativamente per virus influenzale e Pneumococco.
5) Programmi dedicati di aggiornamento via web.
6) Semplificazione degli atti burocratici.
7) Piano straordinario di assunzione di personale (Infermieri dedicati agli studi di medicina
generale e personale di segretaria).
Piano di reclutamento dei colleghi del corso di medicina generale.

3. Quali modalità organizzative e cliniche per RSA nel breve periodo?
Dalla fine di febbraio al 15 maggio il 30% degli anziani, ricoverati nei 6.800 posti letto delle RSA dell’ATS di Brescia, è deceduto: il 60% a seguito di COVID-19 accertata o clinicamente sospetta. La fragilità degli ospiti ha, ovviamente, contribuito in modo determinate al rapido ed intenso diffondersi dell’infezione come, per altro, in tutto il mondo.
Anche rilevante quota del personale ha contratto l‘infezione, in alcuni rari casi con esito fatale. All’esordio dell’epidemia, come in molti altri setting di cura, non vi è stata piena contezza della gravità della stessa. La percezione della gravità si è però subito scontrata con difficoltà oggettive: carenza di DPI, assenza di indicazioni cliniche, struttura ambientale.
Il necessario divieto di accesso ai famigliari nella fase di acuzie, protraendosi ha determinato una situazione di grave disagio psicologico e fisico negli ospiti che non può perdurare..
Ed infine al cronico sottofinanziamento delle RSA si assocerà a breve a un vero dissesto economico che potrebbe determinare la chiusura (e possibile acquisizione da enti privati profit) di realtà, anche piccole, ma con una storia di solidarietà e di radicamento nelle comunità.
Proposte
1) Riapertura graduale e secondo protocolli di sicurezza condivisi rivedendo quando previsto nella dalla DELIBERAZIONE N° XI / 3226 Seduta del 09/06/2020 “Atto di indirizzo in ambito sociosanitario successivo alla “fase 1” dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
2) Ridefinizione delle modalità di accesso dei nuovi ospiti in RSA ancora rivedendo radicalmente quanto previsto dalla citata delibera regionale.
3) Ruolo del referente COVID con definizione responsabilità.
4) Differenziazione degli interventi in considerazione delle peculiarità delle UDO (Unità d’offerta
sociali) considerate in modo indistinto dalla Delibera.
5) Piano economico straordinario
• Interventi di supporto economico in relazione alla attuale riduzione della presenza di ospiti
• Personale medico e altre professioni sanitarie
• Supporto per ristrutturazioni ambientali
6) Modalità di interazione fra RSA ed altre strutture (percorso di ricovero ospedaliero e riammissione).
7) Corsi di aggiornamento.

4. Quali modalità organizzative e cliniche per l’Ospedale nel breve periodo?
Nel momento di maggior acuzie della pandemia i nostri ospedali sono stati sottoposti ad un carico eccezionale di ricoveri di pazienti acuti con COVID-19. Si aprono ora due scenari possibili dell’andamento epidemico. Attuale riduzione sostanziale del numero di nuovi casi che richiedano trattamento ospedaliero. Possibile ripresa autunnale di recrudescenza pandemica.
Va quindi predisposto, approfittando della fase attuale di tregua, un piano emergenziale. Come per la Medicina generale, si è a conoscenza che è in corso l’elaborazione di un piano ospedaliero da parte di Regione Lombardia.
Sta però emergendo una nuova popolazione di malati. Si tratta di pazienti ricoverati per varie patologie (cerebro-cardiovascolari, pneumologiche, infettive batteriche) in cui si riscontra positività per SARS- COV-2: verosimilmente sono da ascriversi a situazioni ancora COVID-19 correlate oppure all’incipit verso la cronicità.
Proposte
Pazienti acuti ad alta intensità
1) Rafforzare la Medicina Infettivi degli Spedali Civili di Brescia quale struttura specialistica provinciale di riferimento dove indirizzare questa tipologia di pazienti.
2) Condividere in tutte le strutture ospedaliere protocolli diagnostici e terapeutici omogenei.
3) Istituzione di zone “grigie” con elevati standard di sicurezza per la diagnosi dei pazienti
sospetti.
4) Adeguamento organico del personale sanitario.
Pazienti acuti a media intensità
Individuare struttura/e dedicata/e:
Sede vicino o collocata all’interno degli Spedali Civili con adeguate misure di isolamento strutturale. Altra sede per le condizioni topografiche (per esempio Valcamonica).
Pazienti acuti a bassa intensità
Assistenza domiciliare.
In degenza per ragioni funzionali e/o sociali in strutture dedicate (alberghi – cliniche).
Suscita rilevanti perplessità l'indicazione regionale di accogliere tali pazienti nelle strutture subacuti degli ospedali, strutture come è noto dedicate a pazienti dimessi dai reparti per acuti in condizioni non ancora stabili e per completamento di cicli terapeutici.
Per tutte le situazioni sopra descritte, come è ovvio, diventano indispensabili e prodromiche la stratificazione del rischio clinico e l’indagine sociale secondo indicazioni condivise.

5. Quali modalità organizzative e cliniche per la Pediatria di Famiglia nel breve periodo?
L’emergenza Covid-19 che ci ha colpiti ha ancora una volta dimostrato quanto l’età infantile abbia peculiarità che fanno dei Pediatri di Famiglia gli unici ed indispensabili professionisti dell’assistenza medica di questa popolazione. La fascia d’età seguita è totalmente differente dalle altre per la tipologia di patologie che la colpiscono, per l’evoluzione delle medesime e per le possibilità d’intervento. Gran parte del lavoro dei pediatri è dedicato a bambini sani (bilanci di salute) con compiti di educazione, prevenzione, screening ecc. Il pediatra di famiglia si fa carico della maggior parte dei bambini cronici (in particolare dei sovrappeso/obesi e asmatici).

Proposte
• E’ necessario che il pediatra di famiglia sieda ai tavoli nazionali e regionali dove vengono discusse e concordate le strategie dell’organizzazione territoriale ed anche delle emergenze.
• Deve essere incentivata l’azione nel campo della prevenzione delle malattie infettive con il consiglio ed eventuale esecuzione dei vaccini. L ’ immediato futuro ci prospetta l’ utilità della vaccinazione antinfluenzale per poter diminuire la morbilità per tale malattia con conseguente maggior possibilità di diagnosi di Covid-19. La sollecitiamo con forza e ci rendiamo disponibili ad azioni di supporto nell’esecuzione.
• La grande speranza è la possibilità di identificare i portatori di Covid-19 con il test salivare rapido ormai vicino alla fase della commercializzazione; è intuitivo che il suo utilizzo potrebbe portare al superamento di parte dei problemi evidenziati. I pediatri devono esserne forniti e poterli utilizzare negli ambulatori come self help: sarebbe un’importante conquista nella lotta all’infezione.
• Per poter espletare al meglio queste funzioni è necessario incentivare adeguatamente l’assunzione di personale di studio.
• A causa della pandemia da Covid-19 e per finalità di protezione è fondamentale la fornitura da parte di ATS dei dispositivi di protezione individuale, indispensabili per poter visitare i bambini negli studi. I pediatri sono il punto di riferimento delle famiglie, conoscono i pazienti, hanno instaurato un rapporto di fiducia e non intendono rinunciavi. Ovviamente per fare ciò devono essere supportati con forniture costanti.
• Si ritiene necessaria l’implementazione di linee guida, peraltro già predisposte dalla pediatria di famiglia, che impediscano l’ invio indiscriminato all’ esecuzione del tampone per Covid-19. Se, come prevedibile, con la riapertura delle scuole aumenteranno i casi di sindromi simil influenzali, i pediatri dovranno scegliere chi inviare al tampone, per non sovraccaricare il sistema con le conseguenze inevitabili dell’impossibilità di soddisfare la richiesta dei tamponi (ritardo nell’esecuzione, ritardo nella refertazione) e per non essere costretti con le regole attuali di isolamento preventivo dei contatti a dover chiudere le comunità infantili.

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