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Coronavirus, Galli: "Milano è una bomba, gli infettati tornano in circolazione"

Massimo Galli, direttore malattie infettive dell'ospedale Sacco: "Se non passa la cultura della responsabilità passeremo dei guai. Mi aspetto di vedere una crescita dei casi". Le immagini dei Navigli con gruppetti di persone all'ora dell'aperitivo fanno discutere

L'allarme arriva dai microfoni di Agorà su Rai3: "Se non passa la cultura della responsabilità passeremo dei guai". A lanciarlo Massimo Galli, direttore malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, una delle voci più autorevoli di questi mesi.

L'infettivologo ha commentato le immagini dei Navigli con gruppetti di persone fermi a parlare, senza rispetta le più basilari norme anti-contagio (tanti erano persino senza mascherina), nel pomeriggio e nella serata di ieri: "E' la cronaca di un evento annunciato - osserva - dopo tutto questo periodo di compressione evidentemente si apre uno spiraglio e diventa una breccia speriamo che non cada la diga. Ma dico speriamo". 

Nel corso della trasmissione, ha parlato anche del futuro prossimo dell'epidemia in Lombardia: "In questi giorni mi aspetto di vedere una crescita dei casi osservati, ad esempio a Milano, perché persone che non sono riuscite ad ottenere un tampone arrivano finalmente a diagnosi, rappresentando di fatto la coda della prima ondata dell'epidemia". Galli ricorda che "stiamo facendo una grande sperimentazione, perché questa cosa di distanziamento e mascherine, scelta su cui non ci possono essere dubbi, però dal punta di vista scientifico è la prima volta nella storia che applichiamo questa cosa per vedere se riusciamo a contenere la coda di un'epidemia come questa".

Il virus si è indebolito col caldo? Il protessero sottolinea che prove scientifiche non ce ne sono: "Ho un'interpretazione diversa di questa apparente attenuazione: credo che stiamo osservando dal punto di vista clinico la coda di un'epidemia che ha visto le persone più fragili presentare le forme più gravi in tempi precedenti a questo e attualmente abbiamo nei nostri ospedali persone che si sono spostate verso forme meno gravi rispetto a quelle cui siamo stati abituati all'inizio - dice -, ma questo non vuol dire che si sia attenuato il virus, vuol dire che chi doveva andare male è già andato male alla prima ondata dell'infezione"

"Quella di Milano è un po' una bomba perché in tanti sono stati chiusi in casa con la malattia - ha poi dichiarato in un'intervista a Repubblica -. Abbiamo un numero altissimo di infettati, che ora tornano in circolazione" dice il primario di malattie infettive a proposito del significativo aumento della persone in circolazione nel capoluogo lombardo. "Mi chiedo perché - osserva - da noi ci sia stato un atteggiamento quasi forcaiolo nei confronti dell'uso del test rapido, il 'pungidito', che poteva comunque essere utile. Dovevamo raggiungere coloro ai quali è stato detto di restare buoni a casa con i sintomi, per avviare il tracciamento dei contatti e non mi riferisco solo alla Lombardia. Lavorando in quel modo prima, avremmo avuto maggiore tranquillità adesso nell'aprire". E aggiunge: "Che con la riapertura si possano presentare dei problemi è un dato di fatto. La nostra regione rischia di chiudere ma anche certe zone del Piemonte o dell'Emilia".

Fonte: Today.it

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