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Giovedì, 25 Aprile 2024
Coronavirus Montirone

A 86 anni è più forte del Coronavirus: Andrea torna a casa dopo 53 giorni d'ospedale

Una bellissima storia che arriva da uno dei Comuni più colpiti dalla furia del Coronavirus: Montirone. Andrea Bussi, 86 anni, è tornato a casa dopo aver lottato per quasi due mesi contro il virus.

La voce è carica di gioia, e non potrebbe essere altrimenti. L'86enne Andrea Bussi ha appena fatto ritorno nella sua Montirone, dopo 53 lunghi giorni passati in ospedale, a lottare contro un nemico invisibile e subdolo qual è il Covid-19. È tornato a respirare a pieni polmoni la vita da poche ore: si gode il sole primaverile nel giardino di casa, come l'affetto della moglie Giuseppina, dei loro 4 figli e 6 nipoti. 

"Mio padre è stato miracolato - esordisce la figlia Luisa - vista l'età e le patologie pregresse, abbiamo temuto che non potesse farcela, e invece ha vinto lui". Una vittoria per l'intera comunità che, in questi mesi, è sempre rimasta accanto alla famiglia dell'anziano. In tanti hanno pregato per lui e mandato messaggi di solidarietà ai sui figli; giovedì pomeriggio sono scesi in strada ad accogliere l'86enne con un fragoroso e meritatissimo applauso. E non sono mancati gli striscioni. 

"Io ero vestito come un palombaro - ricorda Andrea - tra guanti, mascherina, stivali e camice, e non ho potuto abbracciare e baciare nessuno, nonostante sia completamente guarito (gli ultimi due tamponi hanno dato esito negativo, ndr) mi hanno detto di mantenere le distanze. Sognavo almeno di poter baciare mia moglie Giuseppina, ma devo aspettare ancora un po'. Ma quando mi daranno il via libera siamo capaci di fare due gemelli". Un amore davvero granitico: Andrea e Giuseppina sono sposati da 60 anni e lui ha contato non solo i giorni, ma perfino le ore in cui sono rimasti distanti. "Sono stato lontano più di 1.200 ore", ci racconta. 

Vuole solo guardare avanti, così come la sua famiglia, lasciandosi alle spalle il periodo più tribolato e difficile di sempre. L'86enne è stato uno dei primi in paese ad accusare i sintomi del Coronavirus: "Papà ha cominciato a non sentirsi bene alla fine di febbraio - spiega la figlia -. Il 25 lo avevamo portato al pronto al soccorso del Civile di Brescia e gli avevano fatto delle lastre, ma non il tampone: era stato dimesso con una cura da seguire."

La febbre però non passava e Andrea cominciava a fare fatica perfino a respirare: "Lunedì due marzo abbiamo chiamato il medico di base che è venuto a visitarlo - continua -. Appena ha visto il papà ha alzato le braccia e ci ha detto di portarlo di nuovo al pronto soccorso perché era molto probabile che avesse il Coronavirus."

Un sospetto confermato dal tampone effettuato poco dopo l'arrivo al Civile: Andrea viene immediatamente ricoverato nel reparto Infettivi, mentre figli e nipoti vengono messi in quarantena fiduciaria da Ats. A nessuno di loro, nemmeno a chi ha manifestato lievi sintomi, è però mai stato fatto il tampone. 

"Me la sono vista davvero brutta - ricorda l'86enne -. I primi giorni, soprattutto, sono stati durissimi. Non sentivo più nulla, se non il mio respiro affannosissimo e il rumore della macchina per l'ossigeno: ero sempre attaccato a quella. Facevo quello che dicevano di fare i medici e gli infermieri che sono stati davvero bravissimi e si sono sempre presi cura di me e ho cercato di restare tranquillo."

Le terapie funzionano e le condizioni dell'86enne non solo non si aggravano, ma lentamente migliorano: il 24 marzo esce dal Civile e viene trasferito alla Domus dov'è rimasto fino al 23 aprile per concludere il percorso di guarigione. "Sono stato fortunato - conclude l'86enne -. Sono ancora qui, mentre molti dei miei amici non ci sono più". 

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