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Covid, impennata di ricoveri: "La non strategia del governo ci porterà al lockdown"

L'ennesimo allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe: "Le misure introdotte con gli ultimi Dpcm inseguono i numeri del giorno e sono troppo deboli per rallentare la vertiginosa avanzata del virus"

"La rapida impennata della curva epidemica e la scelta di non introdurre misure più drastiche per tutelare l’economia mette in luce la 'non strategia' di pianificare le restrizioni sui numeri del giorno reiterando misure troppo deboli rispetto all’avanzata del virus." Questo l'ennesimo monito lanciato dalla Fondazione Gimbe presieduta da Nino Cartabellotta.

I numeri infatti continuano a crescere e in maniera vertiginosa: in Lombardia, come nel resto d'Italia. A livello nazionale i contagi sono cresciuti del 53,7 % nel periodo 13-19 ottobre, tanto che il rapporto tra testati e casi positivi è passato dal 6,4 al 10,4 % (con picchi del 11.5% in Lombardia). Ma l'aumento più consistente riguarda i ricoveri passati, negli ultimi 7 giorni, da 4.821 a 7.676 (+59,2%). L'incremento che spaventa maggiormente è quello relativo alla terapia intensiva: da 452 pazienti si è passati a 797 (+76,3%) con segnali di sovraccarico in diverse Regioni. 

Nello stesso periodo in Lombardia i ricoveri sono raddoppiati - passando da 546 a 1.136 - così come i numeri della terapia intensiva (62 vs 113). 

Gimbe: "I Dpcm inseguono i numeri del giorno"

Nel tentativo di piegare la curva, il governo ha introdotto nuove misure restrittive che però la Fondazione giudica insufficienti. 

"La necessità di emanare due DPCM in una settimana - afferma Cartabellotta - conferma che il contenimento della seconda ondata viene affidato alla valutazione dei numeri del giorno con la progressiva introduzione di misure troppo deboli per piegare una curva dei contagi in vertiginosa ascesa".

Secondo Cartabellotta, la prima componente della "non strategia" scelta dal governo è farsi guidare dai numeri del giorno per definire l’entità delle misure di contenimento, senza considerare le dinamiche attuali dell’epidemia, molto diverse da quelle della prima ondata.

Ma ciò, si legge nella nota, "favorisce inesorabilmente l’ascesa dei contagi e vanifica gli effetti delle misure per varie ragioni"

1) I numeri riportati quotidianamente dal bollettino della Protezione Civile non rispecchiano affatto i casi del giorno perché dal contagio alla notifica intercorre un ritardo medio di 15 giorni.

  • Il tempo medio tra contagio e comparsa dei sintomi è di 5 giorni (range 2-14 giorni).
  • Secondo l’Istituto Superiore di Sanità il tempo mediano tra inizio dei sintomi e prelievo/diagnosi è di 3 giorni (settimana 7-13 ottobre), ma potrebbe allungarsi considerando i tempi di analisi di laboratorio e di refertazione. Peraltro, per i casi asintomatici non è noto perché la tempestività nella richiesta del tampone dipende dall’efficacia dell’attività di testing & tracing.
  • La comunicazione dei nuovi casi dalle Regioni alla Protezione Civile non avviene in tempo reale: ad esempio, nella settimana 5-11 ottobre meno di un terzo dei casi è stato notificato entro 2 giorni dalla diagnosi, il 54% tra 3 e 5 giorni e il 14% dopo oltre 6 giorni; peraltro tale ritardo aumenta progressivamente per il crescente numero di casi.

2) La curva dei contagi ha ormai assunto un trend esponenziale (lo abbiamo visto ad inizio articolo).

3) L’affanno del sistema di testing & tracing aumenta la probabilità di sottostimare i casi, perché l’espansione del bacino di asintomatici non isolati accelera ulteriormente la diffusione del contagio.

4) Gli effetti delle misure restrittive, non valutabili prima di 2-3 settimane, saranno verosimilmente neutralizzati dal trend di crescita della curva epidemica.

La seconda componente è il mancato allineamento tra le misure dei due Dpcm e quanto previsto dalla circolare del 12 ottobre del Ministero della Salute. Nel documento “Prevenzione e risposta a COVID-19” vengono delineati quattro scenari di evoluzione dell’epidemia in relazione a diversi livelli di rischio accompagnati da relative misure da attuare nei vari settori. «Considerato che diverse Regioni – spiega Cartabellotta – sono ormai nella fase di rischio alto/molto alto, è inspiegabile che le misure raccomandate non siano state introdotte dal nuovo Dpcm, che ha seguito le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, né attuate dalle Regioni, che hanno partecipato alla stesura del documento».

La terza componente della “non strategia”, per la fondazione Gimbe, è il mancato approccio di sistema basato su responsabilità e alleanza tra politica e cittadini, oltre che sull’efficienza dei servizi sanitari.

"Numeri a parte – precisa Cartabellotta –il contenimento della seconda ondata doveva inevitabilmente poggiare, già alla fine del lockdown, su tre pilastri integrati: massima aderenza della popolazione ai comportamenti raccomandati, potenziamento dei servizi sanitari territoriali e ospedalieri e collaborazione in piena sintonia tra Governo, Regioni ed Enti locali."

"Inseguire i numeri del giorno porterà il Paese verso il lockdown"

"Non essere riusciti a prevenire la risalita della curva epidemica quando avevamo un grande vantaggio sul virus– conclude Cartabellotta –oggi impone la necessità di misure di contenimento in grado di anticipare il virus. Tali misure devono essere pianificate su modelli predittivi ad almeno 2-3 settimane, perché la “non strategia” di inseguire i numeri del giorno con uno stillicidio di DPCM che, settimana dopo settimana, impongono la continua necessità di riorganizzarsi su vari fronti, spingerà inevitabilmente il Paese proprio verso quel nuovo lockdown che nessuno vuole e che non possiamo permetterci."

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