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Sabato, 20 Aprile 2024
Coronavirus

Isolata la variante bresciana del coronavirus: è antecedente a quella inglese

La notizia annunciata in queste ore dal prof. Arnaldo Caruso del laboratorio di Microbiologia e Virologia del Civile: isolata una variante italiana, anzi bresciana del coronavirus

Esiste una variante per così dire “bresciana” del coronavirus, addirittura antecedente alla “variante inglese” di cui tanto si è parlato negli ultimi giorni: è questa la straordinaria scoperta rivelata lunedì da Arnaldo Caruso, il direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia degli Spedali Civili, che da sempre collabora con l’Università.

La variante “nostrana” sarebbe tale per una mutazione dell’ormai celebre proteina Spike: in tanti ne hanno sentito parlare ma non tutti sanno cos’è. A livello fisico, è la parte più esterna del virus, quella che ingrandita milioni di volte sembra formare una “corona” intorno alle cellule (da qui, appunto, la famiglia dei coronavirus).

La proteina Spike

In pratica la Spike è il “gancio” con cui il Sars-Cov2 riesce a interagire con le cellule dell’organismo ospite, e dunque anche a infettarlo. Si divide in due parti: la S1, che contiene quanto serve a legarsi alla cellula bersaglio, aderendo al recettore Ace2; la S2, ovvero la funzione specifica che nella seconda fase consente l’ingresso del virus nella cellula.

La mutazione bresciana del Covid-19 è stata isolata in un paziente che risultava essere positivo ormai da mesi, forse addirittura otto: circostanza più unica che rara in tutto il panorama internazionale. Almeno fino ad oggi: studiosi e ricercatori coordinati dal prof. Caruso hanno approfondito la vicenda e isolato appunto il virus mutato ancora in agosto. Dunque ancora prima della variante inglese.

La questione dei vaccini

Ma come per la cellula virale d’oltremanica, anche la cellula bresciana chissà da quanto tempo era in circolazione. “L’alta carica virale presente nei tamponi di agosto e novembre eseguiti sul paziente che non si negativizzava – spiega il prof. Arnaldo Caruso all’Adnkronos – ci ha permesso di isolare a Brescia i mutanti virali. Questo ci permetterà di cimentare questi virus con i sieri di pazienti Covid ottenuti durante la prima ondata pandemica, e di valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedente. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati”.

“Ma io resto ottimista – chiosa ancora Caruso – Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike. Per cui, anche se vi fossero anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutati, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare”. 
 

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