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Coronavirus: Ospedale Civile peggio del Burundi? La replica

Ricoverato per quattro giorni nella lavanderia del Civile (adibita a reparto Covid), senza cibo, coperte e con un solo wc per trenta malati? L'ospedale smentisce tutto

«Certi ospedali della diocesi realizzati in Burundi e in altri paesi del Sud del mondo, che conosco bene, sono organizzati meglio». La situazione descritta con queste parole  dall'ex deputato non è assolutamente veritiera: la direzione dell'Ospedale Civile di Brescia ha risposto punto per punto alle durissime accuse, arrivate a mezzo stampa, sulle colonne del dorso bresciano del Corriere della Sera, dall'ex deputato bresciano Mario Sberna. 

«Eravamo in trenta malati - racconta Sberna sul Corriere - e c’erano solo tre bombole d’ossigeno. Vicino a me c’era un’84enne di Mantova attaccato al respiratore. Mi diceva che non vedeva l’ora di tornare a casa per cucinare il risotto con la salamella ai suoi nipoti. Una notte è peggiorato, l’hanno caricato su un’ambulanza e hanno dato a me la sua bombola (piange). Poi ricordo il freddo cane: le porte erano sempre spalancate. “Deve circolare l’aria” ci dicevano. Ma non avevamo coperte. Non c’era cibo. Passavano quei santi degli infermieri a darci un pacchetto di crackers, dei grissini o uno yogurt. C’era un solo bagno per tutti quei malati, molti dei quali avevano dissenteria e vomito, come me. Un bagno in condizioni vergognose anche in tempi di pace, figurarsi in tempi di Covid. Non hanno aggiunto nemmeno una toilette chimica». Il racconto di Sberna parte dal 7 marzo, quando si presentarono i primi sintomi della malattia, che lo convinsero a recarsi in ospedale quattro giorni dopo, l'11 marzo. Guarito, ma ancora scosso, l'ex parlamentare ha narrato la sua versione dei fatti, costringendo la direzione dell'ospedale a una smentita pubblica. La riportino integralmente. 

La Direzione Generale della ASST Spedali Civili di Brescia, pur comprendendo la dolorosa vicenda che ha coinvolto l’ex Onorevole Sberna e consapevole che, nonostante ogni sforzo, ogni impegno, ogni fatica fisica e psicologica, la terribile epidemia che ha colpito il nostro Paese ha lasciato “in sospeso” tante dolorose storie, ritiene necessario, in scienza e coscienza, precisare alcuni aspetti dell’attività della Tensostruttura citata nell’articolo. La nostra città e la nostra provincia hanno contato tante, troppe vittime: donne e uomini a cui il terribile virus ha tolto la vita lasciando sole le loro famiglie che continuano ad avere bisogno di risposte, ed a cui indirizziamo cordoglio e vicinanza. Tanti sono stati i pazienti nei nostri Ospedali, ma tanti sono stati i guariti, grazie anche al grandesenso del dovere e del sacrificio del nostro personale, a cui esprimiamo infinita gratitudine. Ed è per queste persone e per le loro famiglie che è importante ricordare proprio gli sforzi e la fatica diquesti lunghi mesi.
Domenica 1 marzo 2020, è iniziata ufficialmente l’attività del Check Point Sanitario e della Tensostruttura degli Spedali Civili, a “protezione” dell’iperafflusso che era previsto al Pronto Soccorso nelle settimane seguenti. Nei giorni subito precedenti si assisteva con dolore e preoccupazione alla esperienza dei colleghi di Lodi e Cremona sommersi da richieste di aiuto, con i mezzi di soccorso fermi nei Pronto Soccorso, e che non riuscivano a far fronte alle tante, troppe richieste di ricovero. La AAT di Brescia, nell’ambito dell’Unità di Crisi costituita in Azienda ha organizzato una struttura “da campo” nel piazzale antistante la ex Lavanderia, all’interno dell’Ospedale Civile, nella zona davanti all’ingresso del Pronto Soccorso. La Tensostruttura non ha mai funzionato come Reparto di degenza Covid, ma fino alla data della sua chiusura, il 1° giugno scorso, esclusivamente come supporto al Pronto Soccorso E’ stato da subito pensato ed organizzato un percorso ben preciso che inizia con il Check Point, in prossimità della penultima rotonda prima dell’accesso alla rampa del Pronto Soccorso, necessario per indirizzare le persone che si autopresentavano con sintomi di sospetto coronavirus. Il percorso proseguiva con un gazebo di accettazione e raccolta dati, una tenda “triage” equipaggiata per l’accettazione e visita degli utenti/pazienti, tre tende da 6 posti per l’alloggio dei pazienti in attesa dei risultati degli esami, indagini radiologiche e posti letti, una tenda di attesa per la visita, bagni, camper per magazzino scorte, gazebo per vestizione (pulito) e svestizione (sporco). Questo primo nucleo, presidiato H24 da personale Medico, Infermieristico, Tecnico e Volontario, ha permesso da subito di accogliere fino a 18 persone, 6 per tenda, rispettando il distanziamento dei pazienti anche con l’utilizzo di separé fisici. Nel volgere di alcuni giorni purtroppo, considerato il costante aumento dei pazienti, ci si è resi conto che i 18 posti non sarebbero bastati… gli spazi si sono allora “allargati” all’interno dei locali della ex-lavanderia, allestendo inizialmente uno spazio di circa 150mq per ulteriori 25 letti ospedalieri, per arrivare poi ai 2/3 dello spazio complessivo, circa 800mq, con operativi altri 50 letti donati all’Ospedale. Si è così rapidamente passati da 18 letti a 30 e successivamente ai 70 letti, e di pari passo si è provveduto a posizionare computer fissi e portatili, linee dati, telefoni, fax ed ultimo uno scanner per poter far fronte alle necessità di ricovero e cura. È in data 11 marzo la prima autopresentazione dell’ex Deputato Sberna che, dopo gli esami di rito, verificato l’adeguato stato di salute e con la positività del tampone, è stato dimesso in “isolamento domiciliare fiduciario”, con contestuale segnalazione ad ATS. La permanenza complessiva è stata di meno di 24 ore. In data 15 marzo l’ex On. Sberna si è autoripresentato per persistenza della sintomatologia. Il giorno seguente, 16 marzo, è stato trasferito in ambulanza presso l’OBI (Osservazione Breve Intensiva) del Pronto Soccorso da dove viene dimesso al domicilio in data 19 marzo, con la terapia del caso. Spiace, ma è doveroso, contestare quanto dichiarato dell’ex On. Sberna in ordine alla breve permanenza, sia nella Tensostruttura ex-lavanderia che in Pronto Soccorso. “Vicino a me c’era un 84enne di Mantova attaccato ad un respiratore, che mi diceva….” dichiara l’On. Sberna. Nessun respiratore è mai stato utilizzato in Tensostruttura, dove erano ricoverati i pazienti meno gravi. Ricordiamo anche che nessun paziente, attaccato ad un respiratore, può parlare. Per contro le riserve di ossigeno sono state sempre presenti e garantite (presenza costante di n. 30 bombole di diversa capienza). I servizi igienici presenti sono n. 2 in muratura, all’interno della ex lavanderia, e n. 6 WC chimici. Dalla sera del primo giorno di apertura della Tensostruttura sono stati garantiti i pasti, oltre ai generi di prima necessità. Il riscaldamento all’interno della struttura e nelle tende del triage è sempre stato garantito, così come la biancheria e le coperte (sia quelle “normali” che le cosiddette “metalline”) non sono mai mancate. Complessivamente sono state accolte nella Tensostruttura nei mesi di marzo, aprile e maggio circa 2000 persone: una notevole parte dimessi nel loro domicilio, altri inviati nei vari reparti del Civile e altri ancora, nei momenti maggiore pressione, trasferiti in altri Ospedali della città o della regione. A fronte dei tanti ringraziamenti che il personale sanitario ha ricevuto e sta ricevendo in queste settimane, l’Azienda ha ritenuto di chiarire l’organizzazione e l’operato della Tensostruttura stigmatizzando in particolare quanto dichiarato nell’articolo del Corriere, nella denuncia shock di Mario Sberna relativa alla presunta “scelta terribile” degli operatori sanitari. 

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