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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Coronavirus, una crisi annunciata? In Germania il doppio dei posti letto italiani

La crisi del Coronavirus e i tagli alla sanità: quanto ha inciso sull’effettiva portata dell’emergenza sanitaria? In tutto il mondo prosegue la lotta al Covid-19

Ormai da decenni storia e tragedia non si erano sovrapposte così velocemente come ai tempi del Coronavirus: non è una delle peggiori pandemie che l’umanità ha dovuto affrontare, ma sicuramente unica e inedita nelle sue modalità, a partire dai lockdown generalizzati in tutto il pianeta che si stimi coinvolgano quasi la metà della popolazione mondiale (e oltre 1 miliardo e 200 milioni di studenti). Tutto è cominciato dalla Cina, si sa, dalla metropoli di Wuhan (che ha più di 10 milioni di abitanti) che però proprio in queste ore è uscita dalla quarantena, dopo 76 giorni senza sosta.

Il Coronavirus nel mondo: gli ultimi aggiornamenti

Era inevitabile che in un mondo così globalizzato – lo era stato anche 100 anni fa per la terribile influenza spagnola – il Coronavirus non si diffondesse rapidamente, da città a città. Ad oggi sono quasi 1 milione e mezzo i casi accertati di positività dall’inizio della pandemia, in 184 Paesi, con 83.615 morti (pari al 5,7% del totale). In Italia sono 139.422 i casi totali, con 17.669 decessi (il 12,67%): 146.690 i casi in Spagna, e 14.673 morti (il 10%); 110.070 in Francia con 10.343 morti, il 9,39%; 109.329 in Germania con 2.069 morti, l’1,91%; 61.455 in Gran Bretagna con 7.097 morti, l’11,54%. Tra i grandi Paesi dell’Asia segnaliamo inevitabilmente la Cina, 82.809 positivi e 3.337 morti (il 4,02%), e il caso più unico che raro della Corea del Sud, che ha contenuto il virus a 10.384 positivi (e 200 decessi, l’1,91% come in Germania). Infine gli Stati Uniti, dove nelle ultime 24 ore sono morte più di 2mila persone, 779 nel solo Stato di New York.

La triste vicenda lombarda e la situazione in Italia

La triste vicenda lombarda (dove purtroppo hanno già perso la vita quasi 1.200 ospiti delle case di riposo) è stata definita anche dall’assessore regionale al Welfare come una “bomba atomica”: ad oggi, dati aggiornati a mercoledì 8 aprile, sono 53.414 i casi positivi (di cui 9.909 in provincia di Brescia) e 9.722 decessi, con un tasso di letalità grezzo pari al 18,2%. In tanti hanno già scritto di presunti ma probabili errori nella gestione dell’emergenza, ma non è questo il campo del nostro approfondimento.

La domanda è di più ampio respiro: perché c’è stata più difficoltà in Italia (e in altri Paesi simili) nella gestione del nuovo Coronavirus? E le risposte sono tante: si va dalla debolezza economica italiana (e al suo declino storico) fino all’età media più elevata della nostra popolazione, la concentrazione sociale e produttiva, il ruolo ancora attivo delle famiglie.

Concorrenza economica e tagli alla sanità

Certo è che la violenta concorrenza tra i vari blocchi economici del capitalismo, accelerata dall’impetuosa crescita della Cina, ha prodotto nelle nazioni più deboli una continua ristrutturazione della spesa sociale, che ha colpito le zone più deboli, con bassa produttività economica e statale. Nel merito fanno fede i dati resi noti dall’OCDE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, da cui è possibile confrontare lo stato di salute della sanità dei vari Stati prima della crisi del Covid.
In Italia sono stati tagliati (in soli 10 anni) quasi 40 miliardi di euro di spesa per la sanità: i posti letto ospedalieri, che nel 2000 era circa 298mila, sono passati nel 2019 a 192mila, il 35% in meno.

Non è una scienza esatta perché tutto può ancora succedere, ma rende bene l’idea: in Italia, nel 2000, erano 4,7 i posti letto ogni mille abitanti, scesi a 3,8 prima dell’emergenza sanitaria. In linea con i dati di Spagna (3,5 posti letto ogni mille abitanti) e della Gran Bretagna (2,5 posti letto ogni mille): meno della metà dei posti letto in Germania, che sono 8 ogni mille abitanti. Perfino a Wuhan erano 7,4 i posti letto ogni mille abitanti.

C’è poi il tema delle terapie intensive: in Italia erano 5.300 prima della crisi (oggi molte di più: un plauso alla Lombardia che le ha praticamente raddoppiate in poche settimane, arrivando a 1.500) e in Germania 28mila. Fate voi i conti: a questo si aggiunge un calo di 12mila infermieri in meno di dieci anni (nel 2019 erano 5,8 ogni mille abitanti contro i 10,5 per mille della Germania) e di 17mila medici in soli cinque anni. 

Riflessioni sulla pandemia

Il sistema sanitario italiano, indebolito dai tagli al welfare (di qualsiasi colore politico, tecnici compresi) è stato travolto dall’eccezionalità della pandemia, nonostante la battaglia eroica del personale e degli operatori. La debolezza sanitaria italiana (e spagnole, inglese e americana) hanno aperto varchi enormi alla diffusione e alla letalità di un virus sconosciuto: e chissà cosa potrà ancora succedere nel sud del mondo. 

“Anziché mostrare lo sforzo solidale di un’umanità davvero unificata di fronte alla malattia e alla morte – scrive il Centro Filippo Buonarroti di Milano – la pandemia ha esasperato le divisioni e le lotte tra Stati, aggravando le conseguenze sanitarie, economiche e politiche. Le divisioni e le lotte si sono riproposte anche all’interno dei singoli Paesi, come dimostra l’Unione Europea e soprattutto il caso italiano, dove Governo, Regioni e Comuni si sono accapigliati fin dall’inizio per accreditarsi meriti e scaricare responsabilità a seconda della propria appartenenza partitica, nelle migliori tradizioni della politica parlamentare. E la stessa speranza del vaccino, come scrivono i giornali, rappresenta un terreno di lotta tra i grandi gruppi farmaceutici per vedere chi riuscirà a brevettarlo prima, trasformandolo in un colossale business”.

Nei fatti, una considerazione storica è già definita, e ce la suggerisce un nostro attento lettore: finché ci sarà un mondo diviso da interessi economici e geopolitici contrastanti, non ci potrà essere una solidarietà tra tutti gli uomini della Terra. E tutti gli uomini della Terra non potranno avere un rapporto dialettico con la natura, con vantaggi e svantaggi. La storia dell’uomo deve ancora cominciare: ci abbiamo messo un milione di anni a raggiungere la consapevolezza di essere individui, ora dobbiamo diventare consapevoli di essere una sola specie. 

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