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Spending Review, Arcai: «Mai più eventi come Van Gogh. Si torna indietro di 30 anni»

Nel 2011 l'industria culturale e creativa, che impiega un milione e 400 mila addetti, ha prodotto il 5,4% della ricchezza del paese: "Ma se la legge passa così ai cittadini consegneremo il deserto"

Con gli articoli attuali della spending review il comune di Brescia perderebbe 3 milioni di entrate l'anno".

A lanciare l'allarme è Andrea Arcai, assessore alla pubblica istruzione, alla cultura e al turismo del comune lombardo, ieri nel corso della conferenza stampa di Federculture contro gli effetti del decreto di revisione della spesa pubblica in discussione al Senato.

"Coloro che lo hanno scritto - dice Arcai - non hanno idea di quanto tagliano, ma neanche di quanto andranno a perdere, anche solo per la mancata Iva. A Brescia dovremmo cambiare l'intero sistema che l'ha resa una città moderna ed efficace, tornando indietro di 30 anni".

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"Perderemmo tutta quella qualità - continua l'assessore - che ci ha permesso di realizzare, tra l'altro, le nostre grandi mostre. Ad esempio, non potremmo realizzare la mostra evento su Van Gogh del 2006 che pure, secondo uno studio della Luiss, ebbe sul territorio una ricaduta di 70 milioni di euro".

Sotto accusa, in particolare, l'applicazione indiscriminata dell'articolo 4 che impone entro fine anno lo scioglimento e l'alienazione di tutte le società a compartecipazione pubblica e che contestualmente fa divieto ad associazioni e fondazioni di ricevere contributi pubblici in cambio di servizi.

A questo si aggiungono gli accorpamenti imposti a comuni, province e regioni di enti o organismi di cui si servono per ridurre le spese non meno del 20% (art.9) e la soppressione immediata delle Fondazioni Centro Sperimentale di Cinematografia e Valore Italia (la prima trasformata in istituto e ricondotta sotto l'egida del ministero dei beni culturali).

Tradotto, tutto questo porterebbe alla chiusura di "centinaia di aziende e alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro". Non solo: una volta avvenuti chiusure e accorpamenti, sottolineano inoltre gli operatori, gli emendamenti non indicano in alcun modo la strada da seguire per il 'dopo', cosa cioé dovrebbe accadere dei dipendenti licenziati, chi si dovrebbe occupare dei servizi al pubblico non più finanziati o cosa accadrebbe dei beni non più 'curati' dagli enti soppressi.

E visto che gli articoli non riguardano un settore in particolare, ci si potrebbe trovare davanti a clamorose perdite economiche, con musei chiusi ma anche assistenza agli anziani non più garantita. Brescia, per esempio, pur tra i 143 comuni più virtuosi d'Italia, dovrebbe rinunciare alla gestione dei Musei civici, con i cui ricavi paga asilo nido e pulizie urbane.

 

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