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Champagne e caviale con i soldi pubblici: 12 bresciani a processo

Si chiudono le indagini dell'operazione Mon Cheri sui rimborsi pazzi dei consiglieri e degli assessori in Regione Lombardia: contestata una cifra di quasi 3,5 milioni di euro, indagati anche 12 bresciani

Si è conclusa con la bellezza di 65 indagati l’operazione Mon Cheri, condotta dalla Guardia di Finanza e che ha ripercorso a ritroso quasi una decina d’anni di giunte regionali lombarde, le ultime due di marca Formigoni, alla ricerca di risposte sulle spese pazze di consiglieri ed assessori.

Rimborsi ottenuti per attività di ogni tipo, ma spesso completamente estranee all’attività politica: questo viene contestato ai 55 consiglieri, ai 9 assessori e al collaboratore che avrebbero speso in tutto quasi 3,5 milioni di euro.

Nel lungo elenco degli indagati ci sono anche 12 bresciani, e di ogni colore politico: a conti fatti, il centrodestra appare in ‘vantaggio’, mentre tra i nomi ‘scoperti’ non mancano volti celebri, magari già arrestati anche per reati più gravi come Franco Nicoli Cristiani del PDL, o Enio Moretti della Lega.

Tra gli altri anche la ‘prezzemolina’ Margherita Peroni, il ‘solito’ Renzo Bossi, il piddino Guido Galperti, la camuna Monica Rizzi, il gardesano Mauro Parolini, e poi Gianmarco Quadrini dell’UDC, Vanni Ligasacchi, Alessandro Marelli, Mario Scotti, Pierluigi Toscani.

Una bella squadra titolare, con tanto di riserva. Cifre ‘extra’ e che non sarebbero dovute essere rimborsate con soldi pubblici, e che vanno dai quasi 160mila euro contestati al capogruppo Quadrini fino ai poco meno di 8mila della Rizzi, con medie varie che si attestano sui 44mila euro della Peroni, o i 28mila di Marelli.

Nel conto delle spese c’è davvero di tutto: cene costose in città e in trasferta, dolci da pasticceria e regali di Natale, perfino le memorabili Red Bull di bossiana memoria, fino al caviale e champagne dei più sfacciati.

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