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Zone accoglie 12 profughi: la Lega Nord grida all’invasione

Dodici profughi per 1200 abitanti, lo 0.1% della popolazione: per la Lega Nord è in atto un'invasione. Sabato sera a Zone un presidio per dire basta ai clandestini, ma si tratta di profughi in fuga dalla guerra

L’invasione è cominciata. Almeno secondo gli esponenti della Lega Nord che sabato sera alle 19.30 organizzeranno un presidio per dire, appunto, “stop all’invasione”. Il piccolo Comune di Zone, poco meno di 1200 abitanti a pochi chilometri dal lago d’Iseo, ha accolto dodici profughi (in percentuale lo 0,1% della popolazione residente) in fuga dalla guerra, dopo mesi di fame e di stenti, lontani dalle loro famiglie e con ancora negli occhi le atrocità della guerra.

Tutti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, arrivati dalla Namibia e dal Mali. Dove ancora cadono le bombe, dove sono cadute bombe anche francesi. Sono momentaneamente alloggiati all’albergo La Lucciola, piccola struttura non lontana dal centro del paese: tutti e 12 seguiti da volontari di associazioni locali e da operatori della Caritas.

Inevitabile la polemica politica. All’arrivo dei rifugiati - hanno 'varcato' il territorio comunale lo scorso martedì - le sezioni della Lega avevano già provveduto ad appendere un paio di striscioni: “Stop all’invasione” ma anche “Clandestini privilegiati”. 

La guerra in Mali si combatte dal 2012, a seguito di un colpo di Stato. Da allora si contano quasi 20mila morti, con interventi ripetuti dell'ONU, su spinta 'interessata' della Francia. Una zona ricca di risorse, in particolare di uranio per le centrali nucleari. Tra le tante truppe schierate anche diversi soldati dell'esercito italiano.

La guerra in Namibia praticamente non è mai finita. Dagli anni ’70 alla fine degli anni ’90 si è combattuta una cruentissima guerra d’indipendenza. I namibiani la raccontano come una guerra di liberazione: lo Stato della Namibia venne proclamato nel 1989, prima di allora era territorio sudafricano.

Altra guerra figlia di interessi più grandi, in piena guerra fredda. Da una parte URSS, dall’altra USA: al lavoro per la colonizzazione di terre ricche di risorse minerarie. Qua e là si combatte ancora, scontri interni residui della guerra civile. In poco più di 40 anni un tragico bilancio, oltre 100mila morti.

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