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La Legge Harlem anche a Brescia: “Contro i ghetti e il degrado”

La proposta della Lega per la nuova normativa, Brescia come la New York di Giuliani. Obiettivi dichiarati riqualificare il centro storico, evitare la ghettizzazione, controllare i commercianti e limitare il degrado: "Seguiamo le direttive europee"

Tutto è cominciato il marzo scorso, quando la Lega Nord presentò in Comune a Milano la prima bozza della cosiddetta Legge Harlem, in cui il richiamo al celebre quartiere ‘nero’ di New York è più che evidente. Harlem è stato e rimane tuttora un simbolo dell’America nera, nel bene o nel male: fino ai primi anni ’90 ai bianchi era davvero vietato l’accesso, e tanto meno alla polizia. Per evitare grane i sindaci della città più importante e conosciuta del mondo non hanno mai voluto intervenire davvero, e sono spesso scesi a patti con esponenti di spicco della malavita e della criminalità. Fu Rudolph Giuliani, da cui la Lega prende in prestito qualche idea, a rilanciare e riqualificare la zona, investendo un quantitativo enorme di uomini e risorse. Dall’educazione alle scuole, dalla ristrutturazione di aree in disuso alla ristrutturazione delle aree densamente popolate, in poco più di otto anni Giuliani effettivamente ha trasformato quello che per quasi 30 anni è stato il quartiere simbolo della periferia newyorchese, il quartiere simbolo della ribellione nera, e ora si sta realmente integrando con Manhattan. Le strade a tripla cifra si fondono con quelle a doppia cifra, ma ogni metropoli ha il suo segreto, e la periferia non scompare e semplicemente si allontana.

La Lega ripropone il suo intento primaverile e lo presenta anche ai cittadini di Brescia. Il progetto di legge regionale presentato a Milano, a detta del Carroccio, è “uno strumento per tutelare le attività storiche e tradizionali e per governare meglio il territorio”. A suo tempo anche il presidente della Regione Roberto Formigoni aveva applaudito l’iniziativa: “L’idea di dare ai sindaci uno strumento che non serve solo a regolarizzare i negozi di kebab, ma più in generale serve a valorizzare la specificità delle diverse aree storiche è uno spunto intelligente e interessante”. Il riferimento è alla città di Milano, e alla battaglia portata avanti dalla Lega e dal promotore del progetto, l’Assessore all’Industria e Artigianato oltre che vicepresidente di Regione Andrea Gibelli, contro il diffondersi dei kebab, dei parrucchieri stranieri e dei centri massaggi, in maggioranza cinesi: “Il progetto si adegua a una direttiva comunitaria che prevede limiti laddove sussistano situazioni contrastanti con l’ordine pubblico, la sicurezza e la tutela dei consumatori”.

Entro due settimane (da oggi) il progetto di legge sarà in discussione sui tavoli del Pirellone. A Brescia è stato presentato alla cittadinanza al parco Jan Palach di via Tommaseo: sono intervenuti lo stesso Gibelli, il segretario della Lega di Brescia Matteo Rinaldi, il vicesindaco Fabio Rolfi e il consigliere regionale Alessandro Marelli. Obiettivo dichiarato evitare la ghettizzazione e porre un freno a quelle attività commerciali che portano con sé degrado e illegalità. “A volte dietro queste attività si celano situazioni di degrado, come lo sfruttamento della prostituzione – spiega Marelli – Senza dimenticare che nel caso dei massaggi chi li pratica spesso non ha nessuna qualifica, e può causare danni fisici”. Esempi concreti: per aprire un negozio di massaggi servirà un diploma da estetista, per aprire un negozio da parrucchiere servira una qualifica equivalente. E poi i negozi di alimentari e il commercio ambulante. I negozianti stranieri dovranno dimostrare la loro conoscenza della lingua italiana e saranno obbligati a “esporre le indicazioni sui prodotti in italiano”; gli ambulanti dovranno essere registrati nel nuovo registro regionale, in corso di realizzazione.

“Alcune Regioni italiane hanno permesso il proliferare di ogni genere di attività in tutto il territorio cittadino – conclude Gibelli – Bisogna chiedersi perché in Italia le aree del commercio al dettaglio sono più degradate rispetto alle altre, mentre questo non accade in Provenza, in Catalogna o a Berlino. Negli altri Paesi la norma (direttiva Bolkestein sulla libera circolazione delle merci, ndr) è stata applicata secondo la visione proposta dalla Lega. Se in una stessa zona ci sono tante attività dello stesso tipo i casi sono due: o è in atto la colonizzazione del quartiere o i negozi sono solo una copertura, per attività illegali”.

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