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Le 'donne samurai' alla conquista della Rocca: "Non esiste libertà senza regole"

Comincia con una citazione di Claudio Magris - e con un invito a Michail Gorbačëv - il terzo capitolo del viaggio (elettorale e non) che ci avvicina alle amministrative di Lonato. E intanto il tempo stringe: a fine mese si vota per davvero

Non esiste libertà senza regole. È lecito cambiarle, non ignorarle. Claudio Magris (1939), letterato, già senatore della Repubblica è l’autore autore della dichiarazione che corrisponde pienamente all’ideale democratico. Sono sempre più convinto che per una indispensabile riforma del “pensiero burocratico” italiano sarebbe indispensabile affidare l’incarico, anche solo per un paio d’anni, a Michail Gorbačëv che con l’arma della glasnost («trasparenza») e della perestrojka («riforma», «ristrutturazione») riuscì in meno di cinque anni a compiere uno smantellamento epocale spazzando via l’Apparatčik (burocrazia del partito) al potere da settant’anni.  In fondo Gorbačëv ha solo 84 anni ed è ancora lucido. Sarebbe comunque un compito durissimo perché il “pensiero burocratico” in Italia è profondamente radicato, ha una propria lingua, proprie norme e tanti privilegi. Ma un uomo come lui penso ci riuscirebbe. Tuttavia, da noi, non mi vengono in mente altri nomi. Un esempio di “Apparatčik”: la figura del Segretario Comunale, prevista per Legge di Stato ed esiste da circa centocinquant’anni.

Va detto che oggi i “Segretari comunali” si fregiano d’un titolo preso a prestito dagli anglosassoni: “City manager”. Si tratta di un equivoco. Questa professione, il “City manager”,  richiede una preparazione ed un “curriculum” manageriale che possa impostare programmi e progetti che riassumano le varie necessita del Comune anche sotto l’aspetto dei “costi e ricavi”. Non è richiesta quindi la laurea in giurisprudenza con specializzazione di diritto amministrativo e l’iscrizione ad un albo particolare. Vengono scelti dai Comuni inglesi, statunitensi eccetera per il loro curriculum e in base ai risultati positivi ottenuti pressi  amministrazioni cittadine. In Italia una simile soluzione sarebbe proibita perché la legge impone l’assunzione di un “Segretario comunale” iscritto ad un preciso albo e con una preparazione di tipo giuridico amministrativo.   

L’altro limite, come abbiamo visto, per il Comune, è di tipo economico. Dipende, salvo rare eccezioni, soprattutto dall’erogazione dello Stato. E per spiegarmi meglio vorrei fare un esempio familiare. E’ come se un figlio, teoricamente indipendente (vive fuori dalla famiglia, ha un proprio reddito), fosse costretto versare i propri proventi alla famiglia e questa, in seguito, penserà a restituirgli parte di quanto incassato per il suo sostentamento. Mi spiego meglio il figlio va paragonato al Comune e il reddito del figlio corrisponde a quello prodotto nell’area comunale sia  dalle aziende, sia quello dai cittadini. Lo Stato incassa tramite l’Agenzia delle Entrate le imposte sul reddito prodotto nell’area comunale. Eroga quindi una parte al comune. La tutela dello stato nei confronti dei Comuni è quindi duplice, da una parte li obbliga ad assumere un burocrate (Segretario Comunale) e dall’altra espropria tutto il reddito prodotto nell’area comunale. Praticamente si ritorna alla situazione di mille anni fa, come se l’indipendenza comunale ottenuta da re e imperatori non fosse mai avvenuta.

Certo alcune imposte (nome di per se poco piacevole perché deriva da “imporre”) vengono direttamente richieste dai Comuni. Coprono i servizi prestati o facilitazioni concesse. Esempio: i redditi catastali eccetera. Ma appaiono odiose al cittadino e sono assolutamente insufficienti per coprire le spese di gestione di un Comune, foss’anche il più probo. E’ evidente che l’indipendenza economica è la base di ogni democrazia. Un tempo i Comuni avevano una propria tassazione sul reddito che veniva chiamata “imposta di famiglia”.

Originariamente si chiamava "fuocatico", l'Imposta di Famiglia ricoprì per anni un posto di fondamentale importanza nei bilanci comunali assieme all'imposta sul valore locativo. Il fascismo, ideologia che imponeva il controllo centralista dello Stato, la abrogò nel 1923. Con regio decreto legge del 30 dicembre, ne fu disposta l'abolizione, poi sospesa a causa delle proteste delle amministrazioni locali. La commissione per la stesura della riforma della finanza locale del 1931 fu concorde nel sostituire il tributo con un'addizionale all'imposta complementare di stato e di mantenerla in vita solo nei comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti, dove molti cittadini non erano soggetti all'imposta complementare. Dopo la “Liberazione” l’Imposta di Famiglia fu nuovamente istituita. Con la riforma fiscale del 1973, con pretesti sociologici, lo Stato riuscì ad abolire questa fonte di reddito indispensabile per una vita autonoma delle istituzioni locali come i Comuni.

Per fare un esempio, in Svizzera, democrazia che risale al 1291, la tassa sul reddito con la percentuale più elevata va al Comune, quindi vi è quella Cantonale, mentre la percentuale più bassa è quella federale, ossia dello Stato. In Svizzera si reputa che lo Stato ricavi un reddito elevato dall’IVA, dalle “accise” (alcool, carburanti eccetera) e dalle dogane. Anche negli Stati Uniti, Stato federale, i Comuni incassano le proprie imposte, prima di quelle statali (gli Stati dell’Unione) e quelle federali. A questo proposito vorrei giungere ad una piccola conclusione finale sull’argomento: oltre al vantaggio per i Comuni di poter contare su di un reddito accertato da loro stessi e non su di una elargizione. Tra l’altro, agli abitanti e agli uffici comunali è più difficile nascondere il proprio tenore di vita al Comune che non alla Stato, entità lontana.

I Comuni italiani per “fare cassa”, visto che spesso l’erogazione dello Stato non è sufficiente  per pagare le spese della gestione cittadina (tra cui gli stipendi dei dipendenti), sono state costrette a usufruire degli oneri di urbanizzazione che vengono ricavati dalle licenze edilizie. Ciò ha messo in moto un giro “vizioso” che ha contribuito alla cementificazione della Penisola. Introiti questi, destinati ad altri scopi e non a fare cassa, come la cura del verde pubblico e la viabilità. Quest’introduzione serve a comprendere alcuni dei problemi che dovranno essere affrontati dalla nuova eletta (o dal nuovo eletto) alla carica di sindaco di Lonato.

Mi sembra evidente che esistano una serie di problemi di indipendenza e libertà per il buon funzionamento del Comune in Italia. Mi permetto di suggerire di verificare la possibilità di cambiare queste regole, come sancisce Claudio Magris, promuovendo un’azione collettiva dei Comuni tramite l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia).

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