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Lumezzane: "Bambino allontanato per colpa del giudice"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di BresciaToday

Bambino allontanato coattivamente su decisione del giudice onorario?

Una vicenda che ha dell’incredibile: dagli atti l’allontanamento risulta disposto dal giudice onorario

Brescia. Un ragazzo quattordicenne di Lumezzane pare sia stato allontanato coattivamente dalla famiglia in totale contrasto con la sua volontà manifestata, chiaramente e a più riprese, di vivere con la mamma, e di conseguenza in contrasto con la Convenzione di New York del 1989. Ma aldilà delle mancanze e irregolarità che segnaleremo di seguito sembra incredibilmente che la decisione sia stata presa dal solo giudice onorario. Un giudice onorario è di solito uno psicologo o uno psichiatra e non ha le conoscenze giuridiche di un vero magistrato.

La vicenda nasce nell’ambito di una separazione conflittuale che porta all’affidamento di Massimo (nome di fantasia) alla zia paterna perché i genitori vengono giudicati inadeguati. In particolare si scrive che “la madre non è costante nella vita del figlio e a volte si ritira dalle sue funzioni genitoriali provocando dolore nel figlio”. In una relazione si parla invece di “avvenimenti preoccupanti e di pregiudizio”. Non risultano però reali abusi e maltrattamenti ma viene disposto il collocamento intra-familiare. Ma a quanto pare Massimo non accetta tale collocamento e più volte scappa, in particolar modo dall’inizio del 2015, e torna a casa della madre che diligentemente lo riporta dalla zia. Questo fino alla fuga del maggio del 2015 in cui torna dalla madre e si rifiuta categoricamente di tornare dalla zia. Interviene il comandante dei carabinieri che scrive: “Il minore poi asseriva di essere in casa della madre per sua volontà e che non voleva più tornare a casa dalla zia affidataria” e di fronte alla ferma volontà del ragazzo decide di lasciarlo a casa della mamma.

Incontri e informazioni non riportate al tribunale

Nel mese di giugno e luglio ci sono vari incontri della mamma e del ragazzo con i servizi sociali e la psicologa. Un incontro avviene anche a casa della mamma per verificare le condizioni del bambino. In tali incontri, Massimo si dimostra sereno e felice del suo attuale collocamento presso la madre e ribadisce la sua volontà di rimanere a casa. Ma dall’esame degli atti non risulta alcuna evidenza di tali incontri e di quanto riscontrato dai servizi.

Fratello maggiore “problematico” affidato alla madre

Proprio nel mese di luglio, dopo un’estesa consulenza tecnica, il giudice tutelare decide di assegnare alla madre l’altro figlio. Pur essendo maggiorenne, il fratello maggiore è affetto da una disabilità ed è molto più problematico del quattordicenne. Nonostante ciò il giudice ritiene idoneo il collocamento presso la madre. La mamma, anche in considerazione di tale importante decisione del giudice e vista la sostanziale accettazione del collocamento del quattordicenne presso di lei, ha quindi l’impressione che i servizi sociali abbiano capito che i pregiudizi del passato non sono più presenti, che Massimo si trova bene a casa ed è sereno con la mamma, che si sia pertanto deciso di rispettare la volontà del minore. Purtroppo anche questo sviluppo positivo non viene riferito al tribunale. Non sarebbe comprensibile infatti che un tribunale ritenga la mamma idonea per un ragazzo ben più problematico mentre un altro tribunale non la ritenga adatta per crescere un ragazzo il cui unico problema pareva essere la lontananza dagli affetti famigliari.

Intervista e decisione del giudice onorario

Alla fine di luglio 2015 la mamma e Massimo vengono convocati dal giudice onorario. La mamma si presenta senza avvocato in considerazione della sentenza positiva di cui sopra e del comportamento apparentemente favorevole dei servizi sociali. Anche in questa occasione Massimo ribadisce la sua volontà: “Io vorrei stare con mia mamma, non vorrei ritornare dalla zia, né in affido da una famiglia, né in comunità.” Incredibilmente il giudice onorario, in totale contrasto con la volontà del ragazzo e in contrasto con la Convenzione di New York che ricordiamo è legge dello Stato essendo stata ratificata dal parlamento, emette la sua “sentenza” che viene poi sostanzialmente ricopiata dal tribunale: “Esaminati gli atti, chiede il collocamento di Massimo in comunità con incontri protetti con madre e padre e incontri liberi con la zia affidataria”.

Il collegio ricopia le decisioni del giudice onorario

Comprendiamo che un giudice onorario, che probabilmente non ha conoscenze giuridiche, possa violare flagrantemente la volontà di un minore, ma perché il collegio non ha preso atto della volontà del minore? Se leggiamo il decreto infatti non c’è alcun riferimento alla volontà di Massimo e le decisioni sono sostanzialmente quelle del giudice onorario. Ci si potrebbe addirittura chiedere se il collegio abbia letto tutti gli atti del procedimento.

Minore sofferente

Il minore è stato in seguito prelevato coattivamente dalle forze dell’ordine e trasferito in comunità segreta. Oltre al trauma del prelievo coatto, non gli è stato consentito di continuare gli studi presso la vecchia scuola come aveva richiesto per non perdere le relazioni amicali. Massimo sta soffrendo e sta continuando a ripetere il suo desiderio di tornare dalla mamma. È giustizia questa?

Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

Sonia Manenti
CCDU Brescia
ccdubrescia@gmail.com
cell: 348.5642869

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