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Il Giappone di Fosco Maraini: immagini, appunti, progetti

La mostra "Il Giappone di Fosco Maraini" è allestita a Palazzo Cominelli, Cisano di San Felice, fino al 2 ottobre prossimo

È interessante scoprire come il destino incroci persino esistenze e fatti storici a più di settant’anni di distanza e li avvicini da migliaia di miglia. Nei mesi della mostra sul Culto del Duce a Salò, ecco arrivare l'invito alla mostra dedicata a Fosco Maraini, che nella mia ignoranza pensavo trattasse solo della sua poetica fotografica. In realtà l’esposizione fa risaltare la complessa e poliedrica personalità di Fosco: etnologo, antropologo, orientalista, alpinista, fotografo, scrittore, esploratore. Profondamente legato al Giappone: un legame che dagli anni '30 ha inciso in maniera determinante sulla sua vita. Leggendo il catalogo e altri scritti, ho scoperto che anche Maraini dal lontano Giappone ha rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò, subendo come conseguenza il campo di concentramento, dove venne imprigionato con tutta la famiglia.

Consiglio di leggere la sua biografia integrale, anche se io mi limito a citare le fasi della sua vita dedicate al Giappone. Nato a Firenze nel novembre del 1912, nel 1935 sposa Topazia Alliata, discendente di un’antica casata siciliana: dal matrimonio nascono le figlie Dacia, Yuki e Antonella. Parte nel 1937 al seguito del celebre orientalista Giuseppe Tucci per una lunga spedizione in Tibet. Questo viaggio è stata l’origine dell’interesse di Maraini per la ricerca etnologica e lo studio delle culture orientali, anche dopo la laurea in Scienze Naturali all’Università di Firenze. Accetta infatti una borsa di studio per ricercatori stranieri messa a disposizione della Kokusai Gakuyu Kai, un’agenzia del Governo giapponese. Nel 1939 si trasferisce con la famiglia a Sapporo, nell’isola di Hokkaido, dove effettua una serie di ricerche incentrate sui caratteri dell’arte, della religione tradizionale degli Ainu, il “popolo bianco” del Giappone. I risultati verranno pubblicati a Tokyo nel 1942 nell'importante lavoro monografico Gli Iku-bashui degli Ainu. Nello stesso anno pubblica, in lingua giapponese, un reportage fotografico sui popoli del Tibet. Tra il 1942 e il 1943, lasciata Sapporo, ricopre l’incarico di lettore di lingua italiana all’Università di Kyoto. Come anticipato, dopo l’8 settembre, rifiutandosi di aderire alla Repubblica di Salò, Maraini, insieme alla sua famiglia e a un’altra trentina di residenti italiani in Giappone, viene internato in un campo di concentramento a Nagoya, dove tutti fanno la fame. Di fronte alle sue proteste, gli ufficiali del campo reagiscono insultando gli “italiani traditori”, e lui reagisce tagliandosi una falange del mignolo (lo Yubitsume 指詰めgiapponese per "accorciamento di dita") è un rituale per espiare la colpa di gravi scorrettezze, o per mostrare scuse sincere. Gesto pertanto altamente significativo per gli ufficiali giapponesi, che, a quel punto gli consentiranno di coltivare un orto. Verrà liberato il 15 agosto 1945, poi rimarrà a Tokyo, per lavorare come interprete dell’VIII Armata USA.

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