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Cronaca

Una petizione per Paolo Scaroni: «Codici identificativi sulle divise»

Quasi 90mila firme 'virtuali' raccolte su Change.org, per chiedere al ministro Alfano i codici identificativi sulle divise delle forze dell'ordine, "come nella maggioranza dei Paesi europei". Il promotore è l'ultras bresciano Paolo Scaroni

Nel settembre del 2005, al termine della sfida tra l’Hellas Verona e le Rondinelle, sono rimasto gravemente ferito in uno scontro tra tifosi ed agenti. Sono stato picchiato con il manganello durante una carica e poi sono rimasto molti mesi all'ospedale, due dei quali, in coma. Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi sottopongo da anni con molta tenacia, non avrò molti margini di miglioramento. Questo lo so quasi con certezza: l’unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai. Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna.

Comincia così la lunga lettera firmata Paolo Scaroni, l’ultras del Brescia Calcio che ora ‘paga’ un’invalidità al 100%, a seguito di un pestaggio che giuridicamente rimane presunto, perché nel gennaio scorso “il Tribunale di Verona ha assolto dall’accusa di lesioni gravissime i nove agenti della Celere di Bologna ritenuti responsabili del pestaggio”.

A seguito della sentenza proprio Paolo Scaroni aveva annunciato un amaro ricorso in appello, anche se, ha spiegato, “per quanto mi riguarda la giustizia e la verità hanno già perso”. Ora sul web una nuova petizione che comincia da lui, ma vuole andare “oltre confine”: una lettera firmata e indirizzata al ministro Angelino Alfano, e una raccolta ‘virtuale’ di firme per chiedere “codici identificativi sulle divise delle Forze dell’Ordine”.

“I poliziotti che mi hanno pestato erano tutti a volto coperto, quindi non identificabili – dice ancora Paolo – La polizia è colpevole ma il fatto che i poliziotti avessero agito a volto coperto ha portato all’impossibilità di stabilire chi ci fosse dietro quel passamontagna. Le responsabilità della polizia sono accertate: ma non ci sono colpevoli, non possono esserci”.

La sua perenne amarezza si ripete nelle parole, quando dice “ho perso il lavoro e la mia ragazza, ma pure la mia libertà”. E ora chiede un’altra forma di giustizia, come “nella maggior parte dei Paesi europei”: divise provviste di codici identificativi così che “ogni agente possa essere identificato da parte della Magistratura, nel caso in cui si rendesse reo di condotte penalmente rilevanti, come nel mio caso”.

L’obiettivo ‘dichiarato’ è quota 150mila firme, sul sito Change.org: ad oggi sono quasi 90mila.

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