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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

"I suicidi gay? Non c'entra la società, è un disagio identitario"

L'intervento del medico bresciano Massimo Gandolfini al convegno organizzato a Roma dal Comitato Articolo 26, gli stessi che hanno paragonato l'amore omosessuale a quello tra cane e padrone

Cure e correzioni per gli omosessuali. Per farli ‘rientrare nei ranghi’, per farli tornare a seguire ‘la retta via’. L’omosessualità altro non è che “un disagio identitario, la cui unica soluzione è quella di correggerlo”. Insomma un disturbo che, se non ‘curato’ in tempo, rischia di portare a conseguenze nefaste. E tra queste ci sarebbe addirittura il suicidio.

Sono le parole del dottor Massimo Gandolfini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e primario di Neurochirurgia alla Poliambulanza di Brescia. Intervenuto qualche settimana fa al convegno ‘Sapere per Educare’, organizzato a Roma dal Comitato Articolo 26. Il gruppo di ‘lavoro’ che aveva già fatto parlare di sé perché aveva paragonato il vincolo affettivo tra due persone dello stesso sesso a quello che ha il padrone per il proprio cane.

Il suo intervento è stato ripreso da L’Espresso, e già scatenato una querelle a distanza tra suoi sostenitori e suoi detrattori. La sua teoria parte da dati certi: gli adolescenti gay hanno un rischio di suicidio sette volte maggiore dei loro coetanei eterosessuali, la fascia più a rischio è quella di età compresa tra i 15 e i 24 anni. Secondo Gandolfini non è vero “che i suicidi sono maggiori perché la società è discriminante; il dato resta elevato anche nei paesi gay-friendly del Nord Europa”.

Il primario bresciano sottolinea che l’omofobia non c’entra: “L’incidenza suicidaria rimane elevata perché in fondo a tutto questo ci sta un disagio identitario. Nella misura in cui una persona si sente disagiata verso sé stesso: ecco perché per loro non è così facile vivere la vita”. 

L’omosessualità espressione di un disagio, ma che può essere curato. Fin da piccolo il bimbo lancerebbe dei ‘segnali’: è compito dell’educatore intervenire in tempo e correggerlo, e “cercare di indirizzarlo verso una coerenza”. L’unica coerenza possibile, per Gandolfini, è dunque l’eterosessualità.

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