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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca Palazzolo sull'Oglio

Digiuno e sofferenza nella comunità: "Ci legavano alle cariole col fil di ferro"

Prosegue il processo bresciano sui presunti maltrattamenti alla Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio, che sarebbero stati perpetrati dal 2010 al 2014. L'accusa: ospiti legati a carriole con il fil di ferro

Processo per maltrattamenti: assoluzione per Shalom 

Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio, la parola all'accusa: dal 2010 al 2014 nella comunità di recupero gli ospiti sarebbero stati vittime di violenza e maltrattamenti. Questo quanto raccontato dai 6 testimoni sentiti in più occasioni, e in questi giorni di nuovo in udienza. Nelle prossime settimane toccherà alla difesa.

La struttura Shalom è una comunità di recupero per giovani problematici, soprattutto tossicodipendenti. In quei quattro anni, sotto esame della magistratura, secondo l'accusa (e i testimoni “viventi” di quel periodo) tra quelle mura sarebbe successo di tutto.

Punizioni corporali più o meno gravi, dall'obbligo di mangiare solo pane e formaggio, a pranzo e a cena, per due settimane consecutive, oppure ai trattamenti farmacologici indotti, anche contro la volontà dei pazienti, perfino il taglio della legna sotto la pioggia o sotto la neve: si tratta di accuse, naturalmente, che dovranno essere poi dimostrate in tribunale.

La punizione ricorrente, quella che avrebbe più scioccato gli ex ospiti della struttura bresciana, sarebbe quella così definita: la "punizione della carriola". Ovvero, spingere una carriola (per ore) carica di pietre, in cerchio, sotto gli occhi di altri ospiti e dei “tutori”.

Secondo quanto raccontato in tribunale dai testimoni, durante questa punizione le mani dei malcapitati sarebbero state legate direttamente ai manici della carriola stessa, con del fil di ferro. E poi le sberle e gli schiaffi, da non sentirci più dall'orecchio, i lavori in notturna controllati a vista.

Ma nel racconto di presunti maltrattamenti e sofferenza, ci sarebbe anche qualcuno che ringrazia: lo stare male, in quel periodo, gli avrebbe fatto bene, almeno per uscire dal tunnel della droga. Il processo continua.

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