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Cronaca Ono San Pietro

“Voleva godere della sua sofferenza, davanti ai corpi carbonizzati dei bimbi”

Pubblicata la sentenza in appello per Pasquale Iacovone, accusato dell'omicidio di Andrea e Davide Patti: dopo averli soffocati li bruciò con della benzina. Per i giudici "un omicidio atroce e disumano"

Confermato l'ergastolo per Pasquale Iacovone, il truce assassino dei due piccoli Andrea e Davide, i fratellini di Ono San Pietro bruciati vivi mentre dormivano, avvolti dalle fiamme, dai vapori e dall'esplosione di alcuni panni imbevuti di benzina, e innescati proprio da Iacovone. Nulla fa più pensare all'ipotesi dell'omicidio-suicidio: il 43enne avrebbe addirittura cercato di allontanarsi, sano e salvo, prima di essere colpito dall'inaspettata deflagrazione.

Un piano che secondo i giudici sarebbe stato studiato nei minimi dettagli, premeditato a lungo: nella sentenza di ergastolo confermata in appello si legge di come Iacovone fosse spinto da “un odio e un rancore inaudito” nei confronti della moglie e mamma dei due bambini, Enrica Patti, “tormentata e molestata” per più di un anno.

Voleva vendicarsi ad ogni costo di una storia finita male: Iacovone avrebbe “deliberatamente” voluto provocarle “un'ultima e definitiva sofferenza: uccidere i figli e assaporare il gusto tremendo di vederla soffrire, anche di fronte ai corpi straziati e carbonizzati dei figli”.

Un movente “atroce e disumano”, per un duplice omicidio “commesso con premeditazione e accurata preparazione”. Era il luglio del 2013: i due bimbi, di 9 e 13 anni, vengono soffocati con un cuscino. La loro camera da letto viene riempita di benzina, poi l'incendio innescato con un accendino.

I due bimbi muoiono carbonizzati, nella casa di mamma a Ono San Pietro. Iacovone viene trovato ancora vivo, ustionato al 90%: nessun omicidio-suicidio per la sentenza in appello, perchè "doveva vedere la compagna in faccia per godere della sua sofferenza", ma sarebbe stato “sorpreso” dall'esplosione “mentre stava uscendo, verso la porta finestra”. L'amnesia poi raccontata agli inquirenti: un falso, e pure “poco credibile”.

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