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Cronaca

Omicidio Peroni: Visani si avvale della facoltà di non rispondere

Si è tenuto in tarda mattinata, nel carcere di Canton Mombello a Brescia, l'interrogatorio di garanzia di Simone Visani, l'operaio di 27 anni residente a Calvisano, ritenuto il presunto assassino di Michele Peroni

Si è tenuto in tarda mattinata, nel carcere di Canton Mombello a Brescia, l'interrogatorio di garanzia di Simone Visani, l'operaio di 27 anni residente a Calvisano, in provincia di Brescia, arrestato dai carabinieri come presunto responsabile dell'omicidio del collega Michele Peroni.

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Visani si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il delitto si è consumato nella notte tra l'11 e il 12 agosto scorso alla Fassa Bortolo di Montichiari, dove Peroni è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca.

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Visani, coetaneo della vittima, la notte dell'omicidio aveva finito il turno alle 22. "Da subito l'omicidio si era presentato in maniera tale da escludere la rapina o un litigio degenerato - ha spiegato il procuratore Fabio Salamone - per le sue modalità: il colpo in testa, il tentativo di distruzione del cadavere e il sacchetto di plastica in cui era stata avvolta la testa della vittima per non lasciare tracce". Sin dalle prime battute, quindi, tra gli investigatori era maturata la convinzione che l'omicidio fosse maturato nell'ambiente di lavoro. Importantissimo, per gli sviluppi delle indagini, l'intervento tecnico e il ritrovamento di parte della pallottola, oltre agli interrogatori per verificare le frequentazioni della vittima che si presentava come un ragazzo senza ombre. Visani è stato "individuato e arrestato come soggetto con cui la vittima aveva dapprima avuto una forte amicizia, poi incrinata", spiega Salamone descrivendo l'arrestato come una persona "dal temperamento aggressivo, maniaco delle armi e che non manifestava un grande entusiasmo per il lavoro".

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Dalla perquisizione nella casa di Calvisano dove abitava con i genitori sono state trovati un fucile ad aria compressa, due pistole, e alcune pallottole e nel comodino la chiave della cassaforte dove era custodita la pistola del padre, una calibro 357 magnum sequestrata e spedita ai Ris. Un passaggio delicato da cui era scaturita la necessità di rallentare l'informazione, precisano gli inquirenti, per arrivare al giro di boa. "Non siamo in presenza di un movente forte - ha precisato Salamone - ma di un soggetto dal carattere particolare che veniva spesso ripreso per i suoi atteggiamenti. Le modalità dell'omicidio mostrano una determinazione fuori dal comune, sembra un'esecuzione, per questo all'arrestato viene contestata anche la premeditazione. Il possibile movente è riconducibile anche al fatto che la vittima, un operaio modello, prendesse in giro l'omicida per la sua mancanza di amicizie femminili".

"L'omicida conosceva bene l'ambiente della fabbrica - ha confermato il comandante provinciale dei carabinieri, Marco Turchi, ma non tutti i meccanismi, come quello di una tramoggia del forno che si apriva solo ogni trenta minuti per dieci secondi". Fondamentali gli esiti degli esami condotti sulla pistola, per poter affermare con ragionevole certezza che la 357 magnum fosse l'arma del delitto. "L'elemento risolutivo è stato il ritrovamento in sede autoptica della camiciatura della pallottola che ha richiesto un lavoro molto complicato", ha confermato il comandante dei Ris, Gianpietro Lago, spiegando come "il proiettile da cui deriva la camiciatura ha caratteristiche particolari, compatibili con le munizioni dell'arma ritrovata". Si attendono ora i risultati degli esami biologici e degli Stub. L'operazione è stata presentata in procura alla presenza del pm titolare delle indagini, Michele Stagno e del capitano del Sis, Gianluca d'Aguanno. Il giudice ha accolto la tesi dell'accusa e disposto la misura cautelare in carcere in attesa dell'interrogatorio.

 

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