rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

La Tintoretto da salvare: «Occasione unica, possiamo ripartire da zero»

Il Contratto di Quartiere prevede la demolizione della chiacchierata torre entro la fine dell'anno: molti i contrari, tanti i punti interrogativi. E l'architetto Manzoni ci parla di un progetto alternativo a costo ridotto

Uno scontro non solo sociale ma anche politico, quello che ormai ha preso il nome di Contratto di Quartiere, che prevede l’abbattimento della torre Tintoretto di San Polo entro la fine dell’anno. “Eliminare un immobile vuoto ci sembra un delitto – ha detto tempo fa Adriano Papa, segretario regionale Sunia, il sindacato degli inquilini – soprattutto alla luce della crisi economica”. La giunta comunale intanto ha già fatto sapere che è attualmente in corso “lo studio per la demolizione”, su cui pesa la necessità di “eliminare tutto il materiale riciclabile, e potenzialmente tossico”. Non da sottovalutare anche il rischio amianto: le posizioni discordanti sembrano però raggiungere pieno accordo sulla possibilità di trovare ampie tracce di eternit, in fondo si tratta pur sempre di un palazzone costruito negli anni ’80.

“L’amianto è un ulteriore aggravante – ci racconta Mario Manzoni, noto architetto (da 20 anni a Brescia) che ha lavorato per la giunta Corsini, e ora supporta il Comitato Al Lavoro per Brescia di Marco Fenaroli – e su cui dovrebbero esserci pochi dubbi. Basterebbe fare i carotaggi, secondo me lo si può trovare anche nelle canne fumarie. Ma è la pericolosa punta di un iceberg gigantesco, una serie di contraddizioni che partono proprio dall’idea stessa di demolizione. In qualunque caso, con implosione o con demolizione dall’alto, l’impatto sarebbe tale da costringere un’evacuazione, nel raggio di almeno 300 metri, per quello che è un quartiere densamente popolato e già abbastanza dimenticato dal punto di vista ambientale. Ci sarà il gran rumore, ci saranno le polveri sottili, ci saranno i camion che per mesi e mesi dovranno fare avanti e indietro, portar via residui e macerie. Servirebbe addirittura una VIA, una Valutazione d'Impatto Ambientale”.

Forse basterebbe solo questo per ripensare all’ipotesi demolizione. “Oltre al danno ambientale si può parlare del danno economico. Un’operazione come questa potrebbe costare almeno 37 milioni di euro, a cui per onestà matematica dovremmo aggiungere il valore attuale della torre, scarso da punto di vista immobiliare ma che si aggira intorno ai 15 milioni di euro, per un totale che supera i 50 milioni. Un giusto calcolo e che non va in eccesso, perché prevede la somma di tutte le operazioni che sono state messe in conto, dallo spostamento di quasi 200 famiglie alla ricerca di nuovi alloggi, il loro reperimento e il loro recupero, senza dimenticare gli studi di progetto, o i costi che deriveranno dall’asse sociale o dall’asse della sicurezza. Una perdita finanziaria notevole, soldi buttati e che difficilmente saranno recuperati. Per ritrovarsi con cosa? Con un enorme buco recintato, questo è quello che resterà”.

Anche la CGIL, con le parole di Luciano Pedrazzani, aveva posto dubbi sull’effettiva utilità dell’operazione, il costo minimo (e parliamo solo della demolizione) dovrebbe superare i 3,5 milioni: “Abbattere le torri è uno spreco di risorse e di volumi. Anzi, di fronte all’emergenza sfratti, questo progetto ha un po’ il sapore della vendetta sociale”. Buttar giù la torre, a questo punto, sembra la soluzione più drastica ma allo stesso tempo meno efficace, in cui tra costi e benefici abbiamo già capito come va a finire. Eppure, ci spiega Mario Manzoni, una soluzione alternativa si può trovare: “Dobbiamo essere realisti, perché abbiamo di fronte un’occasione unica in Italia, un Paese dove si registra un’altissima frammentazione della proprietà condominiale, mentre la Tintoretto è di un solo proprietario. La si prende, la si ristruttura, la si amplia! Logge fiorite, serre solari, un attico.. una torre così, ristrutturata a dovere, ha un potenziale strepitoso. E lo stesso potenziale è applicabile alla torre Cimabue”.

“Sono rimaste meno di 30 famiglie, le spostiamo e proviamo a rimediare agli errori di gestione degli ultimi decenni. Errori anche sociali, una gestione sempre sbagliata, non puoi mettere all’interno dello stesso edificio i più disagiati dei disagiati, in questo modo crei solo effetto ghetto. Errori pure tecnici, non può esserci un solo corridoio, e quattro ascensori più lenti di un montacarichi. Mixitè, questa è la parola, la biodiversità applicata alla società, e non solo per quel che riguarda l’estrazione sociale ma anche l’arredo urbano, un asilo al primo piano (come già fatto in Francia e in Inghilterra), un ristorante, il nuovo bar del quartiere, una biblioteca, un nuovo progetto del suolo che preveda un nuovo attacco a terra, un parco giochi e tanti alberi.. insomma, il quartiere ci deve guadagnare! La prospettiva odierna, invece, prevede una spesa fuori misura che si traduce in un buco, un buco recintato”.

“Non possiamo più permetterci di buttare via risorse, di spendere tutti quei soldi. Soldi buttati via, che non rientreranno più e che saranno tolti a settori che magari hanno decisamente più bisogno. Di fronte a una possibilità e ad un’opportunità unica come la Tintoretto, un edificio moderno e completamente vuoto da poter ristrutturare, per poter ripartire quasi da zero, si parla di una folle demolizione. Come al solito, caduca e vuota propaganda ideologica”.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La Tintoretto da salvare: «Occasione unica, possiamo ripartire da zero»

BresciaToday è in caricamento