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Cronaca

'Ndrangheta e grandi opere, affari per 100 milioni di euro: i nomi degli arrestati

L'operazione "Waterfront", coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. Coinvolta anche Brescia

La maxi operazione contro la 'ndrangheta del Comando Provinciale delle Fiamme Gialle Reggio Calabria, che ha visto coinvolti oltre 500 finanzieri in tutta Italia (tra cui Brescia), ha portato provvedimenti cautelari nei confronti di 63 persone - tra imprenditori e pubblici ufficiali - ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode in pubbliche forniture, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nonché abuso d’ufficio e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio.

Agli arresti domiciliari sono finiti Francesco Bagalà (classe 1977), Francesco Bagalà (classe 1990), Giorgio Morabito, Angela Nicoletta, Carlo Cittadini, Giorgio Ottavio Barbieri, Cristiano Zuliani, Francesco Migliore, Filippo Migliore, Alessio La Corte, Vito La Greca, Francesco Mangione, Giovanni Fiordaliso e Domenico Gallo.

L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria è invece scattato per 20 persone. Si tratta di Pierluigi Risola, Antonino Crea, Michele Gabriele, Santo Fedele, Giuseppe Currenti, Francesco Fedele, Bruno Polifroni, Santo Custureri, Luigi Bagalà, Alessandra Campisi, Caterina De Giuseppe, Marzia Granchi, Pietro Pileggi, Antonino Quattrone, Domenico Coppola, Santo Gagliostro, Vincenzo Bressi, Luca Giachetti e Simona Castiglione

Per 29 impresari è stato emesso il divieto temporanee di esercitare attività imprenditoriale. Nei guai sono finiti Andrea Amato, Antonio Barbaro, Francesco Ciambriello, Antonio Cilona, Sergio Cittadini, Giuseppe Cosentino, Demetrio De Angelis, Francesco Deraco, Gianluca Fiore, Iacopo Granchi, Rossano Granchi, Sebastiano Locatelli Angelo, Giuseppe Loprete, Leonardo Maiolo, Mattia Mattogno, Domenico Maugeri, Giuseppina Miceli Ludovica, Giovanni Oliveri, Giuseppe Patrice Oliveri, Antonino Papalia, Alessandro Piccirilli, Francesco Pileggi, Fortunato Igor Pisano, Vincenzo Polifroni, Carlo Pollaccia, Giovanni Romano, Agostino Ruberto, Giovanni Todarello e Francesca Trunfio.

Fra gli imprenditori coinvolti c'è anche il deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele, ex amministratore e titolare della maggioranza delle quote della Terina Costruzioni; carica abbandonata due mesi dopo l'elezione in parlamento. È indagato per due gare d'appalto, quella per l'eliporto dell'Ospedale di Polistena e quella per il ripristino della viabilità a Bandina (Rc).

Appalti truccati e grandi opere

I Finanzieri hanno provveduto al sequestro di un patrimonio complesso di oltre 103 milioni di euro, costituito dall’intero patrimonio aziendale di 36 imprese e società, nonché dalle disponibilità finanziarie (rapporti bancari, finanziari, assicurativi e partecipazioni societarie) di 45 indagati. Per altri 7 indagati è stato inoltre disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla successiva confisca, di 9,5 milioni di euro tra beni mobili, immobili, quote e azioni di società e conti correnti.

L’operazione della Finanza (denominata “Waterfront”) ha visto indagati 57 imprenditori facenti parte, a vario titolo, di un illecito cartello composto diverse imprese, capace di aggiudicarsi - attraverso turbative d’asta aggravate dall’agevolazione mafiosa - almeno 22 gare pubbliche, con una frode divenuta ormai sistematica ai danni della Regione Calabria e della Comunità Europea.

Le gare investigate dai militari del G.I.C.O., bandite tra il 2007 e il 2016 dalle stazioni appaltanti dei Comuni di Gioia Tauro e Rosarno, nonché dalla S.U.A.P. (Stazione Unica Appaltante) di Reggio Calabria, hanno riguardato appalti per un valore complessivo superiore a 100 milioni di euro. Tra queste, anche gare indette per la realizzazione di grandi opere pubbliche (oltre 58 milioni di euro il valore) nei comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio Morgeto, Siderno.

Al riguardo, è stato individuato un cartello illecito costituito da 43 imprese con sede in diverse regioni - articolato in cordate (calabrese, romana, toscana, siciliana e campana) - che hanno partecipato ai pubblici incanti finiti nell’inchiesta, determinandone illegalmente l’esito attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, garantendo così l’aggiudicazione degli appalti. Quando il cartello non usciva vincitore, venivano inoltre messe in atto manovre - sotto forma del subappalto o della procedura di nolo - al fine di controllare la gara e la conseguente esecuzione dei lavori.

Ai vertici del sodalizio c’erano Francesco Bagalà (classe 1977) e l’imprenditore colluso Giorgio Morabito, che hanno realizzato una serie di reati contro la pubblica amministrazione, nonché contro l’industria ed il commercio, per appropriarsi di ingenti risorse pubbliche costituite dai fondi comunitari (P.I.S.U.), i quali, invece che essere destinati alla riqualificazione del waterfront di Gioia Tauro, hanno consentito un ingente lucro ai danni degli enti pubblici, con l’acclarata complicità di dirigenti e direttori del lavori, collaudatori, tecnici, progettisti e responsabili dei procedimenti relativi agli appalti.

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