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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Stop al consumo: «Il suolo come valore aggiunto per la comunità»

Al Museo di Scienze Naturali di Brescia l'intervento del presidente di Legambiente Lombardia Damiano Di Simine. Primo appuntamento bresciano con il ciclo di conferenze 'Il territorio come patrimonio comune'

Il suolo come non l’avete mai visto, dal pianeta Terra all’Italia, dal generale al particolare, dalla Lombardia a Brescia. Al Museo di Scienze Naturale di Brescia il primo appuntamento con il ciclo di incontri ‘Il territorio come patrimonio comune’, organizzato dalla Fondazione Clementina Trebeschi con la preziosa collaborazione della Fondazione Cogeme. “Abbiamo organizzato questi incontri perché siamo convinti che la tutela del territorio non è più un argomento settoriale ma un argomento di civiltà – spiega il professor Mario Capponi – e ora più che mai abbiamo bisogno di una visione unitaria, per una difesa globale del territorio”. Un territorio che va salvaguardato sia dal punto di vista fisico che da quello paesaggistico e culturale: “Il consumo del suolo non è più conveniente nemmeno dal punto di vista economico – aggiunge Simone Mazzata di Cogeme – Dobbiamo intraprendere e condividere un percorso nuovo, per una gestione sostenibile del territorio”.

Stop al consumo di territorio © BresciaToday.it

Ospite d’onore della serata Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia. Una vera e propria lezione di suolo, problematica spesso dimenticata e il cui consumo generalizzato è stato spesso sottovalutato. “Non sappiamo neanche quanto se ne consuma.. eppure siamo di fronte a una trasformazione irreversibile, quando si consuma non si torna più indietro. E’ una risorsa limitata, non rinnovabile e non sostituibile, fondamentale per mantenere la biodiversità, e i vari ecosistemi terrestri reciprocamente collegati”. In Italia si sta male, nel mondo occidentale non si sta certo meglio: se in Pianura Padana circa la metà del carbonio nel terreno è andato perso anche in Europa crescono le zone a rischio desertificazione.

“Il suolo è la base stessa della produzione agroalimentare – continua Di Simine – ogni ettaro può sfamare fino di simine-2a 25 persone adulte con una dieta di cereali. Oppure 3 o 4 persone con una dieta carnivora”. Ma più si entra nel dettaglio e più si sente il bisogno di una legislazione specifica: a Brescia in meno di 50 anni sono andati persi 54mila ettari di suolo agricolo, quasi 350mila in tutta la Lombardia. E nella Provincia bresciana il 40% dei capannoni costruiti negli ultimi 20 anni sono già sfitti, sul lago di Garda una casa su due è ancora in attesa di acquirente.

“Questo è lo sprawl, la cultura dell’automobile all’ennesima potenza. La dispersione insediativa che distrugge identità e idea sociale, per una città moderna ma che nasce in funzione dell’automobile e della mobilità sregolata, annullando la relazione storica tra città e territorio. La negazione stessa della città”. La cultura dell’automobile che si associa facilmente alla cultura del capannone e del mattone facile, vera merce di scambia dell’Italia repubblicana, in particolare negli ultimi 20 anni. Un’edilizia inefficiente, in grado di produrre 11milioni di nuovi ‘posti letto’ a fronte di una popolazione che non è cresciuta di niente, o quasi. E si mantiene intorno ai 60milioni di abitanti solo grazie ai nuovi italiani.

In Lombardia il 15% del territorio è ormai artificiale, quasi il 25% del totale se consideriamo solo le superfici utili. Anche in questo caso il consumo di suolo si accompagna alla ricchezza e alla produttività. Ma forse una soluzione c’è, e si chiama ‘Norme per il contenimento del consumo di suolo e disciplina compensativa ecologica preventiva’. Una proposta di legge regionale presentata da Legambiente e dal Centro Ricerche sul Consumo di Suolo, e che si fonda su tre principi fondamentali: il monitoraggio costante del consumo, i cittadini devono sapere, l’efficienza funzionale e l’assenso alle trasformazioni in suolo libero solo senza alcuna reale alternativa, la corresponsione dei costi che compensi la perdita di risorse per la comunità.

“Questa può essere la prima grande rivoluzione del suolo – conclude Di Simine – e il suo primo riconoscimento per così dire culturale, con dei puntelli legislativi. Non è un vincolo, è un approccio nuovo, per riconoscere il suolo in quanto tale, e dunque il suo valore. Un valore che non può essere ricondotto al singolo proprietario o al singolo costruttore ma che deve ricondursi a un altro valore sostanziale, la comunità. Non dobbiamo ragionare come individui, dobbiamo ragionare come comunità”.

La strada è come sempre lunghissima. Ma c’è ottimismo: “Noi ambientalisti siamo ottimisti per definizione – sorride – In fondo giorno dopo giorno lavoriamo per costruire un futuro migliore”.

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