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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Caffaro, indagini al Ministero. Ma l'Asl critica l'inchiesta di Rai Tre

Domani i sostituti procuratori Bisceglia e Pinto al Ministero dell'Ambiente per raccogliere informazioni sulle possibili omissioni nelle procedure amministrative riguardanti la bonifica. L'Asl, intanto, accusa la trasmissione diretta da Iacona di aver presentato "dati parziali"

I sostituti procuratori Federico Bisceglia e Claudio Pinto domani si recheranno a Roma al Ministero dell'Ambiente, per indagare sui possibili elementi che, in dodici anni, hanno bloccato l'inizio della bonifica del sito della Caffaro.
Un impegno, fanno sapere i giudici, programmato da tempo, e non dovuto al riemergere del caso dovuto allo scalpore suscitato dall'inchiesta di Presa Diretta, il programma diretto sui Rai Tre da Riccardo Iacona.

Comunque sia, la trasferta dei giudici avverrà nell'ambito della seconda inchiesta aperta a Palazzo di Giustizia sulla bomba ambientale nel cuore della nostra città, inchiesta nata nel 2010 a seguito dell'archiviazione di quella precedente su disposizione del gip Enrico Ceravone, che sosteneva come fosse "arduo ipotizzare a carico dei legali rappresentanti della società condotte penalmente rilevanti e quand'anche dovesse opinarsi il reato di disastro colposo sarebbe ormai prescritto".

Non ci sono al momento persone iscritte nel registro degli indagati ma, aperta per valutare possibili inadempienze nelle procedure amministrative, nell'inchiesta si sono man mano accumulate nuove testimonianze, analisi più dettagliate e da domani anche le deposizioni dei funzionari del ministero.

Arduo ipotizzare condotte penalmente rilevanti? Nel luglio del 2011, una sentenza del Tar di Brescia smentisce totalmente questa versione dei fatti. I giudici del tribunale territoriale (presieduto da Giuseppe Petruzzelli) affermano che la responsabilità della Caffaro nell'inquinamento delle rogge "non è seriamente discutibile" e ad essa spetta perciò "l'obbligo di messa in sicurezza e successiva bonifica", come stabilito dall'articolo 2043 del codice civile "secondo cui ogni soggetto è tenuto a reintegrare il danno che abbia cagionato con il proprio comportamento". Detto altrimenti: "Dall'aver cagionato l'inquinamento deriva l'obbligo della bonifica". Ma ormai la Caffaro è stata svuotata dall'interno, complice anche il Comune che non si è mai costituito parte civile, permettendo che il primo processo morisse velocemente senza che la cosa suscitasse il minimo scalpore.

Brescia e la bonifica necessaria:
«Ci sono 25mila persone a rischio»

Intanto, l'Asl cittadina critica la puntata trasmessa da Rai Tre: "Nell’intervista, della durata di oltre un’ora e mezza, il Direttore Generale Carmelo Scarcella e il Direttore Sanitario Francesco Vassallo avevano descritto tutte le azioni intraprese dall’Azienda Sanitaria Locale e il significato dei risultati degli studi condotti fin dagli anni ‘90, contestualizzando il “caso Caffaro” tra le problematiche del territorio della provincia di Brescia, caratterizzato da decenni dalla forte presenza di industrie”.

“Per valutare eventuali effetti del Pcb sulla salute”, si legge nella nota rilasciata dall'Asl, “sono stati effettuati numerosi studi. Le prime indagini e la valutazione del rischio sanitario dell’Istituto Superiore di Sanità hanno individuato nell’assunzione di alimenti contaminati la via prioritaria di esposizione per la popolazione; pertanto già dal 2002 abbiamo fornito al Comune e alla cittadinanza tutte le indicazioni utili per interrompere tale esposizione”.

caffaro-4-6A detta dell'Azienda Sanitaria, i dati forniti durante la trasmissione sono stati presentati in modo parziale: "Sono stati citati solo i tumori con un’incidenza più elevata, ma non si è fatta menzione che a Brescia vi sono diversi tumori con un’incidenza inferiore rispetto al Nord d’Italia (ma, questo, non dimostra in sé nulla, ndr). Inoltre non si è fatto rilevare che la maggior incidenza riscontrata per il tumore della tiroide e per il linfoma non Hodking nel comune di Brescia non si differenzia da quella riscontrata nel resto delle ASL di Brescia, dove non è presente l’inquinamento della Caffaro. L’incidenza del tumore del fegato nel comune di Brescia è inferiore rispetto al resto delle Asl (circa -30%); in particolare, nell’ovest bresciano e nel bergamasco tale patologia è più elevata, con una documentata correlazione con le epatiti virali B e C".

Infine, conclude la nota, “nel febbraio 2013, a seguito del lavoro della Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), i Pcb sono stati classificati come cancerogeni certi; tale revisione ha evidenziato una relazione certa tra esposizione a Pcb e aumentato rischio di melanoma; per quanto riguarda il Linfoma non Hodgkin e il cancro del seno l’associazione è stata giudicata di 'limitata evidenza'; per il momento non sono state tratte conclusioni su altri tumori”.

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