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Cronaca Via Giovanni Cimabue

Quando il lavoro uccide. Dopo la Caffaro anche l’Ilva a Brescia

Sabato pomeriggio l'assemblea pubblica a cui parteciperanno gli attivisti del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto. L'iniziativa è stata presentata ieri pomeriggio dagli studi di Radio Onda d'Urto

Una sorta di “gemellaggio del dolore”, tra “chi soffre dello stesso male”, l’assemblea pubblica di sabato 6 aprile presso la Casa delle Associazioni di Via Cimabue (dalle ore 15) con la presenza degli attivisti del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto che lo scorso anno ha organizzato quella ‘storica’ manifestazione “in cui le vecchie organizzazioni, politiche e sindacali, non hanno avuto voce in capitolo, l’esperienza nuova di un movimento dal basso che per la prima volta, e non in maniera antagonista, si pone il problema del lavoro e dell’ambiente”.

La storia dell’Ilva di Taranto ex Italsider, grande come due città e mezza, con 200 km di strade e 50 km di ferrovia, “la storia di una collettività – spiega Pino Giampietro dei Cobas, tra i responsabili dell’evento bresciano del prossimo sabato insieme a Radio Onda d’Urto, Rete Antinocività Bresciana, Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia – che per 50 anni ha convissuto con un mostro di tali dimensioni”. Brescia al confronto sembra insignificante “perché di mostri così non ce ne sono, ma le criticità sono tante, cave e discariche, la Caffaro e l’Alfa Acciai, e in tutta la Provincia”.

Alla ricerca di “una risposta radicale e di massa” anche in ambito bresciano, contro “lo scandaloso scaricabarile delle istituzioni, la copertura reciproca delle amministrazioni vecchie e nuove”, senza dimenticarsi però che le lotte del tutto parallele non sono, la Caffaro è già archeologia, l’Ilva muove con l’indotto quasi 20mila lavoratori, e in questo il Comitato tarantino che la fabbrica non la vuole chiudere ma solo “conformare alla legalità”.

“Le sofferenze di ieri e di oggi – aggiunge Ezio Corradi del Coordinamento ambientalista lombardo – quando spesso sono sottaciuti gli impatti e i costi, anche in termini di salute, rispetto alle scelte e alle strategie industriali. Forse la crisi generale può essere un’occasione da cogliere, per ripensare alla nostra organizzazione e al nostro modello di sviluppo. Magari riconsiderando anche la misura del PIL, da riadattare alle necessità di benessere della popolazione”. Quindi il riferimento “ai modelli che dall’estero già ci sono”, ma non un passo indietro bensì uno in avanti, “tra le parti più avanzate della produzione”, vedi l’acciaieria di Linz ‘filtrata’ a dovere, “un progetto partecipato che ha coinvolto cittadini e istituzioni, mentre da noi chi si occupa di ambiente viene visto come una Cassandra delle sventure”.

Per non inseguire più l’idea dello “sviluppo ad ogni costo”, perché anche nel Nord Italia si trova “una Caffaro per città”, il petrolchimico di Mantova, la raffineria di Cremona, la chimica di Bergamo, e ancora il progetto di stoccaggio del metano tra Bagnolo Mella e Bordolano, con pressioni che arrivano a sfiorare i 240 BAR, “progetti accolti dal Ministero senza nemmeno prendere in considerazione l’acclamata sismicità del territorio”. Sulla Caffaro poi, “un’altra lezione – spiegano in coro Corradi e Giampietro – l’ambiente è un problema da tenere sempre presente, e non solo quando arriva la RAI”. Il riferimento, non troppo velato, all’azione diffusa ma post-datata dei vari partiti e movimenti, anche qui vecchi e nuovi, che hanno ripreso a parlare di Caffaro, ma solo da lunedì mattina.

Ilva. Quando il lavoro uccide
Storia e prospettiva di una lotta contro la fabbrica di morte per salute, reddito, ambiente, lavoro
Sabato 6 aprile 2013 dalle ore 15.00 presso la Casa delle Associazioni Via Cimabue 16 Brescia

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