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Donne, state attente: uomini e famiglia uccidono più della mafia

L'editoriale

Il 25 novembre si celebrerà la "Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza contro le donne". A pochi giorni dall'evento, sono stati resi noti i dati del rapporto Eures 2019 su "Femminicidio e violenza di genere in Italia". Lo scorso anno, nel nostro paese è tristemente aumentato il numero delle donne uccise: 142 (+0,7%). Rispetto al totale degli omicidi, la percentuale di femminicidi ha raggiunto il 40,3%, nuovo valore record in aumento del 4,7% rispetto all'anno precedente.

Nella cattolicissima Italia (si fa per dire, chiese e seminari sono ormai vuoti), è proprio la 'sacra' istituzione della famiglia a rivelarsi un luogo altamente insicuro: 119 donne sono state infatti assassinate in ambito familiare o affettivo, con una crescita annuale del 6,3%. Realtà ancora più preoccupante, se si pensa che gli omicidi sono complessivamente in calo: 371 nel 2017, 319 nel 2018, l'80% dei quali avvenuti nella sfera parentale; meglio stare attenti tra le mura domestiche, la famiglia è molta più pericolosa della criminalità organizzata, statistiche alla mano.

Dalla nascita dei primi stati moderni, che gli storici fanno risalire al 1500 d.C., il numero delle morti violente è andato lentamente calando (escludendo i periodi di guerra, ovviamente); da quando, cioè, è stata via via vietata la giustizia privata e lo Stato è diventato l'unico titolare della violenza sul proprio territorio. Sembra difficile crederlo leggendo la cronaca di tutti i giorni, ma attualmente in Europa viviamo nell’epoca più pacifica della sua lunga storia. 

Resta da fare un ulteriore passo avanti, adesso: eliminare la violenza maschile nel rapporto di coppia. Purtroppo, la legge può far poco da questo punto di vista, perché si tratta innanzitutto di una questione culturale. Viviamo ancora in una società patriarcale, dove la parità dei sessi è tuttora un'illusione: ampio divario nei salari, pochissima presenza femminile nei luoghi di potere, donne spesso relegate al ruolo di unico responsabile della pulizia domestica, della cucina, della cura dei figli. Insomma, in molti casi siamo ancora alla moglie al servizio del marito; e, per esserci una 'serva', vuol dire che da qualche parte c'è qualcuno che se ne considera il padrone. 

Ma una donna non appartiene a nessuno, se non a se stessa. Non è una 'disponibilità' priva di un proprio volere (e di desideri): se vive un rapporto d'amore, lo fa in una condivisione egualitaria, non per essere considerata subalterna. Spesso per parlare dei femminicidi si usano espressioni come "folle di gelosia", "folle d'amore, non accetta la fine della relazione". Ma la realtà è un'altra: non è la fine della relazione a non essere accettata, ma il fatto che la donna non sia più un proprio dominio. La sua indipendenza diventa una colpa: non puoi andartene perché mi appartieni. L'uxoricida, disperato, dopo averla uccisa spesso si suicida, perché prima di farla finita vuole punirla per questa sua presunta e imperdonabile colpa. In tutto questo non c'è traccia d'amore, naturalmente: amare vuol dire desiderare l'altrui felicità, anche se - finita la relazione - non si potrà più esserne partecipi. L'amore rende liberi: non si è mai visto uno schiavo felice.

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