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Coronavirus, ecco chi deve fare il tampone: le nuove linee guida del ministero

Una circolare fa chiarezza sulle priorità da rispettare nell'effettuare i test. Via libera ai laboratori "drive in" e ai tamponi rapidi nasofaringei basati sulla rilevazione dei geni virali

Cambiano le linee guida sui tamponi per la ricerca del virus SARS-COV-2. La nuova circolare del ministero della Salute stabilisce le priorità da seguire nell’effettuare i test diagnostici che andranno riservati "ai casi clinici sintomatici/paucisintomatici (ovvero con pochi sintomi, ndr) e ai contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici, focalizzando l’identificazione dei contatti a rischio nelle 48 ore precedenti all’inizio della sintomatologia del caso positivo o clinicamente sospetto". 

Il ministero della salute raccomanda dunque, laddove possibile, di eseguire il tampone anche in presenza di pochi sintomi e stabilisce una sorta di gerarchia che le Regioni, soprattutto quelle che presentano molti casi di trasmissione, devono seguire nell’effettuare i test.

Cosa stabiliva la circolare precedente

Fino a ieri, secondo quanto stabilito da una circolare datata 9 marzo, il tampone per la ricerca del virus SARS-COV-2 veniva effettuato nei seguenti casi:

  1. A persone con infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria) e senza un'altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica e storia di viaggi o residenza in un Paese/area in cui è segnalata trasmissione locale durante i 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi;
  2. A persone con una qualsiasi infezione respiratoria acuta e che sono state a stretto contatto con un caso probabile o confermato di COVID-19 nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi
  3. A persone con infezione respiratoria acuta grave (febbre e almeno un segno/sintomo di malattia respiratoria – es. tosse, difficoltà respiratoria) che richiedano il ricovero ospedaliero (SARI) e senza un'altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica. 

"Nell’ambito dell’assistenza primaria o nel pronto soccorso ospedaliero - si leggeva ancora nella circolre -, tutti i pazienti con sintomatologia di infezione respiratoria acuta devono essere considerati casi sospetti se in quell’area o nel Paese è stata segnalata trasmissione locale".

Coronavirus, le nuove direttive sui tamponi

La circolare del 3 aprile integra la precedente stabilendo delle priorità di intervento. In particolare, nelle aree in cui vi è ancora una limitata trasmissione di SarsCov2, "se si dispone di risorse sufficienti", i test vanno effettuati "in tutti i pazienti con infezione respiratoria" ma solo in presenza di prescrizione medica o ospedaliera. 

Le priorità da seguire in situazioni critiche

Nelle aree con diffusa trasmissione del virus, in caso di necessità dovute ad esempio alla mancanza di reagenti o al "sovraccarico lavorativo del personale di laboratorio", il ministero raccomanda di dare priorità a chi si trova in ospedale con un’infezione respiratoria grave, agli operatori sanitari esposti a maggior rischio di infezione, a chi si trova in residenze per anziani (Rsa) o in strutture per lungodegenti, alle persone con importanti patologie pregresse e ai primi individui sintomatici all’interno di comunità chiuse. 

La circolare spiega con chiarezza quali sono i criteri da utilizzare nei casi in cui le strutture territoriali non riescono a testare tutti i sintomatici. In questi casi la priorità va riservata a: 

  • pazienti ospedalizzati con infezione acuta respiratoria grave;
  • tutti i casi di infezione respiratoria acuta ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle altre strutture di lunga degenza, in considerazione del fatto che ivi risiedono i soggetti esposti al maggior rischio di sviluppare quadri gravi o fatali di COVID-19;
  • operatori sanitari esposti a maggior rischio (compreso il personale dei servizi di soccorso ed emergenza, il personale ausiliario e i tecnici verificatori), per tutelare gli operatori sanitari e ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale; operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia per decidere l’eventuale sospensione dal lavoro; operatori, anche asintomatici, delle RSA e altre strutture residenziali per anziani;
  • persone a rischio di sviluppare una forma severa della malattia e fragili, come persone anziane con comorbidità quali malattie polmonari, tumori, malattie cerebrovascolari, insufficienza cardiaca, patologie renali, patologie 5 epatiche, ipertensione, diabete e immunosoppressione con segni di malattia acuta respiratoria, che possono richiedere ospedalizzazione e cure ad alta intensità per COVID-19; ivi incluse le persone vulnerabili, quali le persone che risiedono in residenze per anziani, dovrebbero essere particolarmente fatti oggetto di attenzione; 
  • primi individui sintomatici all’interno di comunità chiuse per identificare rapidamente i focolai e garantire misure di contenimento. Se la capacità di esecuzione dei test è limitata, tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari. 

Cosa cambia in parole semplici

Ricapitolando: la nuova circolare del ministero della Salute invita espressamente le regioni a fare il tampone anche in presenza di pochi sintomi e allo stesso tempo stabilisce delle priorità per quanto riguarda i test diagnostici da effettuare nei casi in cui, per scarsità di risorse, è impossibile sottoporre a tampone tutti i casi sospetti. 

Laboratori drive-in per i tamponi

"Qualora in aree con diffusa trasmissione di Covid-19 la capacità di laboratorio non consenta di effettuare le analisi diagnostiche previste", secondo il ministero della Salute, andrà valutata "la possibilità di utilizzare laboratori mobili o drive-in clinic, consistenti in strutture per il prelievo di campioni attraverso il finestrino aperto dell’automobile su cui permane il paziente".

"Secondo la Commissione europea - si spiega - queste strutture permettono di ridurre il rischio di infezione al personale sanitario o ad altri pazienti".

Via libera ai test rapidi

Via libera anche ai test molecolari veloci, ovvero i tamponi rapidi nasofaringei "basati sulla rilevazione dei geni virali direttamente nelle secrezioni respiratorie che permetterebbero di ottenere risultati in tempi brevi". Secondo il Comitato tecnico scientifico della Protezione Civile questi test "potrebbero essere utili nei casi in cui la diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 assuma carattere di urgenza". 

Bocciati i test sierologici: "Allo stato attuale non sono attendibili"

Anche i test sierologici "sono molto importanti nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale" ma "necessitano di ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa". I test basati sull’identificazione di anticorpi avrebbero infatti il limite di non indicare con assoluta certezza "un'infezione acuta in atto, e quindi della presenza di virus nel paziente".

Inoltre "l’assenza di rilevamento di anticorpi" non esclude "la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e relativo rischio di contagiosità dell’individuo". Per questi motivi, allo stato attuale i test sierologici, non possono "sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei". “
 

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