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Venerdì, 29 Marzo 2024
Coronavirus Orzinuovi

Covid: la madre muore, paga da 'privata' per un tampone e le mandano i carabinieri

L'anziana madre è morta un'ora dopo il ricovero in ospedale, prima che le venisse effettuato il tampone. La donna si è messa allora in autoisolamento e si è rivolta a un laboratorio specializzato per essere sottoposta al test, ma sono arrivati i carabinieri

Abbandonata e umiliata. Così si sente Liliana, giovane donna e madre di casa a Orzinuovi che ha affidato il suo sfogo alla trasmissione di Rai Tre 'Chi l'ha visto?'. Una storia, la sua, che ha davvero dell'incredibile e che mette a nudo tutte le lacune nella gestione dell'emergenza. Non solo ha dovuto curare da sola la madre malata, ricevendo indicazioni di massima al telefono per tre lunghe settimane, ma ad oggi non sa con certezza quale sia la causa del decesso. L'anziana è arrivata in ospedale troppo tardi ed è morta un'ora dopo il ricovero, senza che nessun tampone venisse eseguito. "Covid sospetto", si legge sul certificato ospedaliero che Liliana mostra alle telecamere. 

"Mi dicevano di mettere l'ossigeno sull'uno, ma mia mamma non respirava bene e mi diceva che stava male, così l'ho messo sul due, ma continuava a stare male. Il 20 ho chiamato il 112 e sono arrivati i sanitari: le viene provata la saturazione del sangue che è bassissima, così decidono di ricoverala - spiega la donna allle telecamere di 'Chi l'ha Visto ?' - Lei ha paura e mentre le do un bacio per salutarla, mi dice che teme di non tornare più a casa. Dopo un'ora mi hanno chiamato per dirmi che era morta". 

Da quel momento Liliana si mette in autoisolamento: nessuna quarantena obbligatoria o chiamata dall'Ats: "Passata la quarantena, indossando ben due mascherine, e mantenendo le distanze esco per due volte per fare la spesa, ma avevo paura di essere contagiosa", racconta ancora.

Per togliersi ogni dubbio, dato che i protocolli regionali non prevedono che Liliana venga sottoposta al tampone, la donna si organizza per conto suo. Si affida ad un laboratorio certificato e specializzato per essere sottoposta, insieme ai familiari, ad un test al suo domicilio. A casa sua arriva quindi la biologa responsabile del laboratorio per effettuare l'esame in sicurezza. Liliana viene fatta uscire di casa e l'analisi viene fatta in cortile, all'aperto. Ma nello stesso cortile c'è però il distaccamento dell'Ats della Bassa Bresciana Occidentale, cioè l'ente proposto a decidere chi debba essere sottoposto al tampone.

"Mentre ero fuori esce una persona dagli uffici e chiede qualcosa alla dottoressa - racconta Liliana alle telecamere di 'Chi l'ha visto?' -. Io ero lontana e non ho capito cosa abbia detto alla biologa. Mentre stavamo ultimando i test, circa mezz'ora dopo arrivano i carabinieri: non so chi li ha chiamati, ma presumo sia stata la signora che era uscita prima dalla sede di Ats."

I militari hanno sospeso tutto e pure portato la biologa in caserma, constatando poi che era tutto regolare. Nonostante ciò, sulla vicenda si è espressa - con un lungo post su Facebook - la consigliera regionale Federica Epis che è originaria di Orzinuovi. Il comportamento di Liliana è stato definito irresponsabile dall'esponente bresciana della Lega.

"Quanto accaduto negli scorsi giorni è noto: alcuni cittadini si sono riuniti in una via del paese per sottoporsi a test sierologici non certificati dalle Ats lombarde, somministrati da un libero professionista proveniente da un’altra Regione - scrive Federica Epis -. Premesso che le Forze dell’Ordine stanno ancora verificando la liceità di fare questi test in Lombardia, quanto forse non è chiaro è che coloro che per ogni motivo avessero fatto il test al di fuori del servizio sanitario regionale non sono in alcun modo esonerati dai comportamenti di sicurezza e prevenzione del Covid19, né tantomeno verranno trattati diversamente dai protocolli che seguiranno, al contrario, i test validati dalle autorità competenti. Se altre Regioni hanno diffuso test non idonei a verificare la presenza del virus nessuno ha niente in contrario, ma farlo ora in Lombardia, tanto più nelle zone più a rischio come la nostra, è un comportamento irresponsabile, che rischia di rimettere in crisi la salute pubblica generando false aspettative sulla propria condizione di salute." 

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