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Giovedì, 25 Aprile 2024
Coronavirus

Coronavirus: l'esposizione alle polveri sottili aumenta il tasso di mortalità

L'esposizione prolungata al particolato Pm2.5 porta ad un aumento del tasso di mortalità da Covid-19: lo rivela uno studio condotto dalla prestigiosa università di Harvard.

Chi vive in zone particolarmente inquinate ha maggiori probabilità di morire dopo aver contratto il Covid-19. A dirlo è l'università di Harvard: i ricercatori della TH Chan School of Public Health del prestigioso ateneo statunitense hanno condotto uno studio in 3.080 contee degli States. Queste le conclusioni: le persone affette da Coronavirus che abitavano in aree con elevati livelli di inquinamento già prima della pandemia hanno maggiori probabilità di morire per infezione rispetto ai pazienti residenti in aree con minori livelli di smog.

Non solo, stando allo studio: basta un piccolo aumento dell’esposizione a lungo termine al particolato Pm2.5 per incrementare notevolmente il tasso di mortalità da Covid-19. La  crescita di un solo microgrammo/metro cubo nei livelli di Pm2.5 è associato ad un incremento del 15% del tasso di mortalità da Coronavirus.

Anche gli studi realizzati nel nostro paese hanno portato alla luce il legame tra inquinamento e diffusione del virus.  

“Le alte concentrazioni di polveri registrate nel mese di febbraio in Pianura padana hanno prodotto un boost, un’accelerazione alla diffusione del Covid-19. L’effetto è più evidente in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”, hanno affermato Leonardo Setti, Università di Bologna, e Gianluigi De Gennaro, Università di Bari.
 
Non è una novità, il particolato atmosferico si conferma un “carrier” (un vettore di trasporto) in grado di amplificare la diffusione di virus, batteri e altri contaminanti biologici, dunque probabilmente anche il Coronavirus.

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