rotate-mobile
Attualità

Cori razzisti contro Balotelli: vietiamo i gruppi ultras, sono la rovina del calcio

L'editoriale

Nella prima giornata di Seria A, i "buu" razzisti contro l'interista Lukaku. La settimana dopo, la vittima è stata Kessie del Milan. Poi Dalbert della Fiorentina, la partita sospesa tra Roma e Napoli pochi giorni fa, infine domenica Balotelli al Bentegodi di Verona, con le immagini della palla calciata in tribuna che hanno fatto il giro del mondo. 

Luca Castellini, capo degli ultras dell'Hellas, stamattina ha rincarato la dose: "Balotelli è italiano perché ha la cittadinanza italiana, ma non potrà mai essere del tutto italiano. Ci sono problemi a dire la parola negro? Mi viene a prendere la Commissione Segre perché chiamo uno negro? Mi vengono a suonare il campanello?" Luca Castellini è anche coordinatore di Forza Nuova in Veneto, un uomo raffinato: lui a certe quisquilie non ci bada.

Questa è la realtà del tifo italiano o, meglio, delle 'curve' italiane. A cosa servono i gruppi ultras negli stadi, se non a rovinare lo sport più amato del Belpaese? Sono solo lo sfogo settimanale di violenti e di alienati, nella maggior parte dei casi razzisti, se non fascisti, la cui unica morale sportiva sembra essere l'aggressione dell'altro, del diverso per fede calcistica o per colore della pelle. Aggressione verbale se va bene, ma i pestaggi sono all'ordine del giorno. Non si contano i morti (che senso ha morire per una partita?), non si contano le risse e gli accoltellamenti. La scorsa settimana 4 ultras bresciani hanno ricevuto un Daspo di 5 anni, ma sarebbe stato meglio a vita: hanno rotto il setto nasale a un giovane tifoso della Fiorentina, per rubargli la sciarpa che portava al collo. Pura follia.

Il razzismo dello sport è un problema culturale, talmente serio che coinvolge persino gli allenatori. Basti pensare a quanto dichiarato Ivan Jurić, allenatore del Verona: "Ci sono stati sì fischi, sfottò nei confronti di Balotelli. Non bisogna fare grandi discorsi. Io sono croato, mi dicono zingaro di merda. Mi fanno schifo i cori razzisti, ci sono state grandi provocazioni, ma cose razziste non le ho sentite, è una bugia". Sembra la premessa di chi inizia un discorso con "io non sono razzista, ma...": sai già che dopo arriveranno una serie di luoghi comuni contro gli stranieri. Peccato, un allenatore è anche un educatore, dai pulcini fino alle Serie A: minimizzando, non ha fatto altro che aggiungere benzina al motore dell'intolleranza.

Dal 16 settembre, dopo gli arresti di 12 leader ultras juventini, all'Allianz Stadium non compaiono più gli striscioni di quasi tutti i gruppi del tifo organizzato, compresi gli storici Drughi. Non pare che i bianconeri si sentano abbandonati, guardando i punti in classifica. Dunque, la soluzione a questa annosa indecenza è semplice: facciamo come nel basket NBA, dove non esistono figure come quelle degli ultras, nemmeno settori riservati a ospiti in trasferta. Si va allo stadio tutti insieme, si tifa chi si vuole e soprattutto ci si gode in pace lo spettacolo, che è la vera anima dello sport. Per farlo, basta vietare per legge i gruppi del tifo organizzato e, sugli spalti, far rispettare l'ordine con steward e forze di polizia. Per chi sgarra ci sono le manette, lo stadio non è un porto franco per esagitati. E noi, che le partire le guardiamo solo per divertirci, sopravviveremo benissimo senza gli striscioni di sfottò, senza i cori razzisti, senza dover fare i conti con la figura del capo ultras, una persona che - se non ci fosse il calcio - non troverebbe visibilità nemmeno dello specchio del bagno di casa.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Cori razzisti contro Balotelli: vietiamo i gruppi ultras, sono la rovina del calcio

BresciaToday è in caricamento